di Isabella Marino
«Questa mattina sì che vogliamo farci una pancia di fichi!». Non ne aveva ancora assaggiati quell’anno, re Ferdinando IV, nonostante fossero tutt’altro che rari nelle campagne dei suoi vasti possedimenti. Perciò aveva accolto con particolare piacere il dono che avevano voluto fargli gli Eletti della Città d’Ischia per la sua prima visita sull’isola in quell’estate del 1783. In delegazione, erano saliti apposta sul pacbotto reale, alla fonda davanti al Castello, per fare omaggio al sovrano e ai cortigiani che lo accompagnavano di quelle verdi prelibatezze, insieme agli altri frutti di stagione a cui la fertile terra vulcanica dell’isola donava profumi e sapori speciali. .
Sebbene il re fosse partito senza troppo preavviso per Ischia, dove intendeva incontrare l’ambasciatore russo André Razoumowskij che vi si era trasferito per le cure termali, l’anticipazione della sua venuta era arrivata alla vigilia ai rappresentanti della Cttà, che si erano premurati di organizzare un’accoglienza degna dell’ospite regale.
E così avevano cominciato a reperire pesci pregiati e frutti di mare, facendo raccogliere ai contadini i frutti più belli dei loro terreni. E si provvide a fare scorta di carne, di pane e del vino migliore. Siccome era molto caldo, furono mobilitati i “nevaioli” dell’Epomeo, affinchè fornissero abbondante neve per tenere fresche le vivande e l’acqua distribuita dagli acquaioli. Tutto fu predisposto a puntino e quando all’alba del giorno seguente, gli abitanti del Castello e del borgo ai suoi piedi si svegliarono, vedendo davanti alla costa la nave regale e le quattro mezze galere che l’avevano accompagnata, non si fecero trovare impreparati. Il sovrano fu accolto da numerose salve di benvenuto sparate dalla spiaggia e dai piccoli velieri che incrociavano sotto costa, mentre il popolo radunato nella piazza aperta sul mare lo acclamava.
DELIZIE DA RE
Intanto, gli Eletti della Città insieme al Vescovo si erano imbarcati su una lancia, mettendo la prua verso il pacbotto. Quando lo raggiunsero, saliti a bordo furono ammessi alla presenza del re a cui presentarono i doni dell’isola. La particolareggiata cronaca dell’evento, scritta dal parroco Moraldi, elenca precisamente il ben di dio che fu deposto davanti al sovrano: sogliole, triglie, aragoste e ricci di mare. Tutto molto apprezzato dal destinatario, che si compiacque per l’accoglienza, annunciando la volontà di scendere a terra. Come accadde quella sera stessa, tra la folla che lo acclamò per tutto il lungo cammino, fino alla villa in cui risiedeva l’ambasciatore russo. Fu breve quella prima visita a Ischia di re Ferdinando, appena due giorni. Sufficienti, però, a farlo appassionare all’isola. Con particolare predilezione per la bella residenza dove aveva incontrato l’ambasciatore Razoumowskij, edificata cinquant’anni prima sul Lago de’ Bagni da Francesco Buonocore, l’allora medico di corte di suo padre Carlo. Proprio il lago lo colpì, suscitando in lui il desiderio di tornare per farci una bella pescata. Come poi avvenne, già un anno dopo, tanto da convincerlo in seguito ad acquisire la magnifica proprietà di Buonocore al patrimonio delle Reali Delizie. Complice anche la calda accoglienza riservatagli dagli ischitani, che avevano continuato per tutto il soggiorno a recapitare sul vascello reale ceste di frutta appena colta e di gustosi pesci. Comprese delle magnifiche ricciole catturate nella tonnara di Lacco.
GRAND TOUR E TERME, I PRIMI OSPITI
Certo, per fare bella figura con il re, gli Eletti e il Vescovo si erano dati un gran daffare. E con i loro doni mangerecci avevano fatto facilmente breccia nel sovrano. Ma pur mettendo a disposizione nella speciale occasione il meglio di cui disponevano e tenendo nella debita considerazione l’importanza dell’ospite, il trattamento che gli era stato riservato non si era discostato troppo, nella sostanza, da quello di cui usufruivano regolarmente i viaggiatori che approdavano a Ischia. Già molto numerosi in quegli anni Ottanta del XVIII secolo, quando l’Italia era la meta prediletta e obbligata del Grand Tour dei nobili europei. Che nel loro itinerario lungo la Penisola non mancavano di fare tappa a Napoli e di esplorarne gli affascinanti dintorni, isole comprese. Senza dimenticare che la principale motivazione per raggiungere Ischia erano le cure termali, che attiravano ospiti sulla maggiore delle Isole Partenopee fin dal XVII secolo. Durante i soggiorni termali, necessariamente lunghi, i forestieri usavano rifornirsi regolarmente di generi alimentari a Napoli. La carne bovina, in particolare, veniva da fuori e era consumata molto di rado dagli ischitani. E non è un caso che nei racconti dei viaggiatori è citato solo qualche coniglio e si fa riferimento alle pecore e capre che producono il latte offerto agli stranieri per la colazione subito dopo essere stato munto, oltre ad essere utilizzato per la produzione di freschi formaggi. Si parla spesso, piuttosto, di pesci, frutta e verdura: i prodotti locali donati al re, erano anche i più apprezzati dai forestieri, estasiati dalla bellezza delle campagne isolane non meno dei boschi e delle zone ancora selvagge, che incontravano nelle loro escursioni.
I POMI DEL GIARDINO DELLE ESPERIDI
I cibi semplici e genuini, prodotti nelle immediate vicinanze delle locande, a chilometro zero come si direbbe oggi, erano tra le piacevolezze della vacanza ritemprante che Ischia donava proprio grazie al diretto contatto con la natura. I vigneti sui fianchi delle colline, i campi e gli orti coltivati con cura vicino alle case, gli alberi con i frutti maturi sono parte importante delle descrizioni dedicate alla natura esuberante dell’isola mediterranea, dai panorami così diversi rispetto ai nordici paesi d’origine. Dove non si trova un vino così buono come quello bevuto a Ischia e lodato dal drammaturgo Henrik Ibsen. Già affermato come musicista e compositore, Felix Mendelssohnn approdò a Ischia appena ventiduenne nel 1831 e prese alloggio alla Pannella, vicino Lacco, nella casa del sacerdote Tommaso De Siano, che si può considerare il primo albergo attivo sull’isola. E lì, ad attrarre il suo sguardo sono le viti e gli alberi di fico che di notte attirano nugoli di lucciole, mentre riceve come benvenuto delle gustose ciliegie. E nella stagione delle ciliegie, ancora più stupefacente è trovare vicino al pollaio un grande albero già pieno di arance mature. Con quale piacere poi altri ospiti raccontano di aver concluso i loro pasti all’aperto servendosi direttamente dagli alberi di uva e fichi maturi! Terra fertile e ospitale, generosa di bellezza e salute. Il Giardino delle Esperidi, per il pittore paesaggista svizzero Pierre Louis De la Rive. Con quegli aranci, carichi di frutti dorati, che già portavano i verdi da mangiare l’anno seguente…