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Museo Archeologico di Pithecusae
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Frammento di cratere locale con decorazione dipinta di stile tardo geometrico ed iscrizione dipinta recante la firma dell'artista: "inos mi ha fatto", dalla località Mazzola (Lacco Ameno). Fine VIII sec. a. C. |
Peruzzi, (Le scimmie di Pithecusa in "ParPass263, 1992, pp. 115-126) offre una nuova interpretazione, ripresa e completata da Michel Gras (Pithekoussai dall'etimologia alla storia in "La Rassegna d'Ischia" 3/96, pp. 6-9): si argomenta che non si tratti "di un'ala, ma della coda di una scimmia che si tiene la testa tra le mani e che è accovacciata con i gomiti sulle ginocchia; posizione caratteristica dì questo animale e che si ritrova nelle rappresentazioni d'epoca orientalizzante che noi conosciamo". Se questa interpretazione risultasse vera "il nome di Pitecusa sarebbe stato dunque dato all'isola (o all'arcipelago) da navigatori colpiti dalla presenza delle scimmie".
Una terza possibilità è quella riferita da Ridgway (L'alba della Magna Grecia, Milano, 1984, p.50): Pithekoussai potrebbe essere "semplicemente la forma ellenizzata di un toponimo indigeno preistorico riferito all'isola, o forse all'intero arcipelago flegreo (Ischia, Procida e Vivara). Isole e porti sono particolarmente suscettibili a un tale trattamento da parte di marinai e mercanti stranieri, che sentono il bisogno di rendere accessibile ai propri alfabeti nomi alieni e difficili a pronunziarsi: così l'italiano ha "Orcadi per le scozzesi Orkneys, mentre l'inglese ha trasformato Livorno in Leghorn ."
Il nome " Inarime ", usato per designare l'isola, ricorre solo in testi poetici. Lo si incontra per la prima volta in Virgilio (Eneide IX, 716); il commentatore Servio spiega che esso è derivato dal riferimento omerico a Tifeo nella terra degli Arimi (en Arimois: Iliade 11, 783), ossia secondo alcuni (compreso Virgilio al verso citato), sotto Ischia.
Aenaria, il nome latino di Ischia, che si trova già in Sisenna (fr. 125, Hist. Roman. Reliquiae) è indicato come un secondo nome di Pitecusa (Appiano, B. C., V, 69) ed era messo in rapporto da molti autori con il viaggio di Enea da Troia al Lazio: l'isola si trova effettivamente sulla rotta delle peregrinazioni dell'eroe troiano, per cui risultava verosimile che egli dovesse averla visitata. Alcuni antichi derivavano il nome di Aenaria proprio da quello di Enea (Plinio il Vecchio, Nat. Hist., III, 82 = 12, 2); ma l'etimologia resta oscura.
Livio, (VIII, 22,5-6), accenna alle " isole di Aenaria e Pithekoussai " come se si trattasse di due toponimi distinti riferiti ad isole distinte. Potrebbe trattarsi di un errore, di una confusione analoga a quella "di un testo moderno che parlasse delle isole di Sri Lanka e Ceylon" ( Ridgway, L'alba della Magna Grecia, Milano, 1984, p.50). Quello di Livio non sarebbe l'unico errore di tal genere: Pomponio Mela, II, 121, ne commette un altro facendo di Aenaria un'isola distinta tanto da Procida che da Pitecusa.
Da un altro punto di vista, il secondo nome del testo liviano (Pithekoussai), probabilmente più noto, potrebbe essere stato inserito a scopo esplicativo, ritenendo che il toponimo Aenaria fosse ancora poco conosciuto e dovesse essere spiegato; ancora in epoca romana, infatti, come risulta da un'iscrizione pompeiana del 59 d.C., per riferirsi agli abitanti di Ischia si usava il termine "Pithecusani ". (A. Pilato, Pitecusa in "La Rassegna d'Ischia" 5/97, p. 4 n.7)
Ma può anche darsi che in origine Aenaria fosse il nome dell'isoletta dell'arcipelago che oggi si chiama Procida e che i Greci chiamavano Prochyta, cioè la "proversa", intendendo dire che era un frammento della sua più grande vicina (Strabone, V, 247 = 4, 9; Plinio il Vecchio, N. H., 11, 203 = 89 e 111, 83 = 12, 3), ovvero che, al pari di questa, era un frammento staccatosi dal capo Miseno (Strabone, 1, 60 = 3, 19; VI, 258, 1, 6) ( Bérard, Navigations, IV, pp. 166-67. 8).