Casa di Montecorvo
Casa di Montecorvo (Pizzo del Merlo)
Il masso, situato nella parte più alta della collina di Montecorvo, sulle pendici del monte Epomeo, tra terrazzamenti di parracine, è attualmente abbandonato e difficilmente raggiungibile a causa dell'inagibilità dei sentieri. Di aspetto compatto, presenta una pianta pseudocircolare con volta a cupola. La copertura della casa con il cellaio sottostante è parzialmente crollata. Vi si distingue un'ampia apertura che consentiva di accedere all'interno dell'abitazione-rifugio, preceduta da una sorta di terrazzo. Sul lato destro si riconosce una struttura rettangolare fatta di pietre di tufo. Nell'area sottostante, nota come Fattoria Milone dal nome dell'ottocentesco proprietario, in passato caratterizzata dalla presenza di altre case di diverso tipo, tra resti di filari di viti, rimane un masso di forma piramidale, con un'apertura ad arco al centro, utilizzato probabilmente come deposito, davanti al quale sono alcune vasche-cisterne. L'intera zona è dominata da un masso di proporzioni enormi che sporge e si protende davanti ai terrazzi di parracine.
Notizie storico-critiche
La collina di Montecorvo, che occupa il versante sud del monte Epomeo nella frazione di Panza, oggi in stato di abbandono, era in passato rinomata per la produzione del vino. Ne resta testimonianza nella sistemazione del terreno a terrazzi sostenuti da muretti a secco di pietre di tufo verde, dette "parracine". In quest'area i massi tufacei caduti dall'Epomeo sono stati lavorati dai contadini e destinati a diversi usi; a quelli di maggiori dimensioni sono stati dati dei nomi: Pietra Brox, Pizzo del Merlo, Pietra Martone. Il masso situato nella parte più alta, a ridosso della vetta del monte, fu trasformato in un'abitazione-rifugio con cellaio sottostante, che veniva presumibilmente utilizzata, data la posizione elevata, anche come punto di osservazione. L'area sottostante, sistemata a terrazzi, era occupata da altre strutture legate all'attività agricola, quali cellai, ricoveri, depositi, cisterne oggi in gran parte distrutti, ed è dominata da un gigantesco masso sporgente che, scrivono D'Arbitrio e Ziviello (1991), ricorda una scultura apotropaica ed ha probabilmente condizionato la scelta dell'insediamento. I due ricercatori (1991, pp. 61-62), citando lo studio di Guidoni sull'architettura primitiva, riconoscono all'architettura delle case di pietra, oltre al carattere pratico e difensivo, una valenza antropologica e un significato simbolico, legato alla "sacralità dell'elemento litico nella cultura contadina", allo zoomorfismo e antropomorfismo del territorio e dunque al legame tra architettura, corpo umano e ambiente, al delicato rapporto tra uomo e natura; una natura, quella ischitana, tra l'altro particolarmente difficile e dura, a causa dei frequenti fenomeni vulcanici e tellurici, di cui resta ancora oggi traccia nelle fumarole visibili sulle pendici dell'Epomeo: "Appare evidente che la tensione provocata dalla vicinanza alla vetta epomeica, sovraccarica di richiami simbolici e religiosi, incidesse sulla formazione e sull'evoluzione del loro retroterra."
Info
Secolo di fondazione: XV-XVI
Stato di conservazione: Cattivo
Condizione Giuridica: proprietà privata
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