Presepiando
“Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onori ivi la semplicità, si esalta la povertà, si l’oda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme”.
Così, Tommaso da Celano cronista della vita di San Francesco, descrive la prima rappresentazione vivente della natività che nel 1223 il Santo realizzò a Greccio, in provincia di Rieti. Da quella data, quel tipo di simbolismo fu ampiamente recepito a tutti i livelli, soprattutto all’interno delle famiglie per le quali la rappresentazione della nascita di Gesù, come le statuine e gli elementi tratti dall’ambiente naturale, si connotò come un rito irrinunciabile raggiungendo il massimo splendore nel settecento, quando si formarono le grandi tradizioni presepistiche e si ebbe l’imponente sviluppo dei presepi scolpiti, soprattutto nel napoletano ove l’arte della terracotta con le sue statue ricoperte di capi finissimi di tessuti pregiati e scintillanti gioielli autentici, divenne una vera e propria scuola e culla della diffusione dell’attuale presepio.
Ancora oggi, a distanza di secoli e nonostante le tante “distrazioni” della vita , la tradizione italiana del presepio è rimasta immutata, soprattutto al sud ove il fervore dei presepi napoletani rivive ovunque si prepari un presepe, soprattutto in famiglia, dove è sempre un affettuoso gioco collettivo. Anche nelle isole di Ischia e Procida si registrano, per fortuna, crescenti gruppi ed associazioni formate soprattutto da giovani “amanti” del Presepio che ogni anno ripetono il rituale: agli inizi di novembre e ancor prima, con sacrificio ed impegno danno l’avvio alla costruzione dei presepi riuscendo a fondere lo spirito religioso ed il talento artistico in una magnifica opera dove la poeticità del racconto è un inno alla vita. In tutti i comuni dell’isola d’Ischia, nelle case come nelle chiese, segnatamente a Forio e nel borgo di Ischia Ponte che è senza dubbio capofila e caposcuola per quanto riguarda gli itinerari presepistici, vengono allestite negli androni dei palazzi, nei locali commercialmente non utilizzati, raffigurazioni plastiche - anche di grande volume- della nascita di Gesù di pregevolissima fattura, ove la portata ed il lascito culturale del presepe napoletano risiedono nel realismo delle sue rappresentazioni e nella bellezza dei vari personaggi che lo compongono tra cui spiccano, oltre alla scena della natività:
I RE MAGI: i nobili del presepio in groppa a tre rispettivi cavalli di colore bianco, rosso o baio, e nero, che rappresentano in senso solare la tradizione cristiana secondo la quale essi si mossero da oriente, che è il punto di partenza del sole, seguendo il viaggio notturno dell’astro che termina lì dove si congiunge con la nascita del nuovo sole bambino;
LA LAVANDAIA: derivante secondo più fonti, da rappresentazioni medievali, dall’iconografia orientale e da tradizioni cristiane extraliturgiche - quasi un sinonimo di levatrice che visitò la Madonna al momento del parto secondo la versione di alcuni Vangeli apocrifi - che dopo aver lavato il bambino stende ad asciugare i panni del parto, il cui candore è suggestivo per un confronto con la verginità di Maria;
LA ZINGARA: Un personaggio profetico collegato alle sibille profetesse che nelle sacre rappresentazioni medievali assumevano ruolo primario. Alla Sibilla Cumana la tradizione attribuiva una leggenda natalizia. Ella aveva predetto la nascita del Redentore, illudendosi di essere la vergine designata che lo avrebbe partorito. Solo quando udì gli angeli annunziare la nascita di Cristo, si rese conto del suo peccato di presunzione;
IL PESCATORE ED IL CACCIATORE: esprimono le più antiche attività con cui l’uomo si assicurò i mezzi di sussistenza;
I VENDITORI (erbivendolo, vinaio, macellaio, panettiere, arrotino ecc.): seppur in taluni mestieri si rileva un contraddittorio anacronismo, è verosimile interpretare le attività lavorative col periodo calendariale con la personificazione dei mesi;
BENINO: Il pastorello dormiente più amato dai bambini che occupa sempre un posto di primo piano. Un personaggio di primaria importanza, espressione della meraviglia che attraverso un viaggio onirico, accecato dalla rivelazione e dalla luce della grotta si abbandona al gesto di spalancare la bocca per gridare il suono muto della meraviglia al cospetto del meraviglioso;
La FONTANA: è attinente alla figura della Madonna che, secondo varie tradizioni, avrebbe ricevuto l’Annunciazione mentre attingeva acqua alla fonte;
L’OSTERIA: allude al viaggio di Giuseppe e di Maria in cerca di alloggio. “Mentre si trovavano a Betlemme, si compirono per Maria i giorni del Parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” – Vangelo di Luca –
Anche l’Isola di Procida, piccolo scrigno di colori e profumi, presepe nel presepe, vanta una tradizione di notevole portata.
Gruppi di giovani riuniti in un’associazione, “ I giovani dei misteri”, profondamente radicata nel tessuto sociale e culturale dell’isola allestiscono presepi di pregevole fattura invitando i tanti visitatori ad una sorta di presepe tour che partendo dal borgo di Terra Murata, passa per la chiesa di San Giacomo ove è allestita una vera mostra di presepi, alla chiesa della Congrega dei Turchini, al Santuario di San Giuseppe alla Chiaiolella, ai presepi viventi delle Comunità Parrocchiali di Santa Maria delle Grazie e San Leonardo e della chiesa della Madonna della Libera.
Il presepe per eccellenza, un capolavoro dell’artigianato settecentesco napoletano, è custodito nell’Abbazia di San Michele Arcangelo a Terra Murata. In esposizione permanente, è composto prevalentemente da pastori di scuola napoletana realizzati nel XVIII secolo, in legno e terracotta che indossano costumi tipici dell’epoca delle province del Regno di Napoli.
La tradizione del presepe, dunque, è viva e vegeta e va ulteriormente valorizzata ed incoraggiata e trasmessa alle nuove generazioni nella convinzione che essa aiuta a recuperare l’affezione verso la nostra cultura e a rafforzare la nostra identità e contribuisce ad agevolare, perché no, anche il dialogo interreligioso e di apostolato in una società multirazziale e multiculturale come la nostra.
Ed allora….. per dirla alla Eduardo De Filippo: “ te piace o’ presepio?”. Si, sempre, perché è l’autentico simbolo dell’amore, della famiglia, della casa e chi lo vive ed osserva con lo spirito adatto si cala nella realtà concreta della natività immaginando l’odore della paglia, il vagito di Gesù Bambino ed il messaggio che da esso si leva.