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Museo
Archeologico di Pithecusae
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I primi coloni di Pitecusa
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Eretriesi e CalcidesiNella fondazione della base di Pitecusa un posto di primo piano spetta, a quanto pare, agli Eretriesi: Strabone (V, 5-9) (2) li nomina per primi, anteponendoli agli stessi Calcidesi. Nel secolo VIII Eretria era uno dei più importanti centri commerciali della Grecia: possedeva una flotta potente, come Calcide, con cui visse a lungo in rapporti di buon vicinato. Al fianco di Calcide partecipò al grande movimento colonizzatore; e, se veramente una colonia eretria precedette a Corcira la colonia corinzia, questo fatto confermerebbe come anche Eretria volgesse le proprie mire verso l'Occidente, e non solo verso l'Egeo settentrionale. La guerra lelantiaPiù tardi il conflitto scoppiato fra gli Ippoboti di Eretria e di Calcide per il possesso della ricca pianura di Lelanto sfociò in una guerra fra le due città che si protrasse per anni: la famosa guerra lelantia, da cui, nel secolo VII, Eretria uscì rovinata e Calcide impoverita, e che divise per un lungo periodo la Grecia tutta in due blocchi rivali, giacché Mileto e Megara si schierarono dalla parte della prima, Samo e Corinto dalla parte della seconda. Se è vero che gli Eretriesi - come ci informa Strabone - contribuirono in misura importante alla colonizzazione di Pitecusa, e solo in un secondo momento dovettero ritirarsi, a causa dello scoppio di dissensi, se ne potrà dedurre che la fondazione di Pitecusa fu anteriore alla guerra lelantia, e che la secessione degli Eretriesi coincise appunto con l'inizio di quella guerra. Il geografo non precisa quanti anni intercorsero fra i due avvenimenti, ma dal testo pare che questo lasso di tempo non sia stato molto lungo, come non deve essere stato lungo il tempo trascorso tra la cacciata di una parte dei fondatori e l'eruzione vulcanica che costrinse anche gli altri a fuggire. Per questo sembra che questa eruzione vada identificata con quella che seppellì la stazione di Castiglione verso la fine del secolo VIII e non con quella che obbligò la guarnigione inviata a Pitecusa da Ierone, dopo la sua vittoria del 474, ad abbandonare l'isola di lì a poco. La cacciata di una parte dei fondatori si situerebbe dunque press'a poco tra il 750 e il 725. La seconda eruzione, di poco posteriore al 474, si situa nel periodo in cui Napoli, alla cui fondazione aveva partecipato anche Pitecusa, occupa a sua volta l'isola annettendola. CumaTito Livio (VII, 22.5-6) (3) racconta che ì coloni greci di Pitecusa, quando osarono finalmente porre piede sul continente, si stabilirono sull'altura di Cuma. Questa acropoli naturale, che si levava in riva al mare e dominava la pianura campana, era il punto ideale per stranieri desiderosi di insediarsi nella regione. Con le sue pareti scoscese da tre lati, accessibile solamente da sud-sud-est, era una rocca quasi inespugnabile, facilmente difendibile anche senza fortificazioni. Tanto più che nell'antichità il mare, dal lato ovest, era assai più vicino, e a nord si stendeva una zona paludosa. Sulla collina (il punto dove sorse il nucleo più antico della città) si trovano ancora alcune rovine, per lo più di epoca romana; qua e là, vestigia delle mura greche. Scavi recenti hanno rivelato la presenza di gallerie sotterranee, scavate (come anche altrove nei Campi Flegrei), o comunque costruite, nel tufo dalla mano dell'uomo: una di queste gallerie, che risale all'età augustea, conduceva direttamente al lago Averno; un'altra, che pare molto più antica, era l'antro della famosa Sibilla. Nella pianura ai piedi della rupe, sul lato nord, è stata scoperta una vasta necropoli greca, che esistette dall'età arcaica fino all'età romana e che a sua volta - sia nel tempo sia nello spazio - era soltanto lo sviluppo di una necropoli indigena ancor più antica. |
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Vestigia dell'occupazione greca
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Questa pagina è stata redatta
utilizzando l'articolo Pitecusa, comparso
su "La Rassegna d'Ischia" 5/97, a
cura di Anna Pilato, tratto da J.Berard, La
colonization greque de l'Italie méridionale et
de la Sicile dans l'antiquité, Presses
Universitaire de France, Paris, 1957
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Strabone, V, 5-9
Pithekoussai fu un tempo abitata da
Eretriesi e anche da Calcidesi i quali, pur
avendo ivi prosperato grazie alla feracità del
suolo e alla lavorazione
dell'oro, abbandonarono l'isola
in seguito ad una disputa; più tardi essi furono
spinti fuori dell'isola da terremoti ed eruzioni
di fuoco, mare e acque bollenti ... E anche Timeo
dice che gli antichi raccontano molte cose
meravigliose a proposito di Pithekoussai, e che
solo poco prima del suo tempo, l'altura chiamata
Epopeus (l'attuale Monte Epomeo), al centro
dell'isola, scossa da terremoti, emise fuoco e
respinse la parte tra sé e il mare nel mare
aperto; e la parte di terra che era stata ridotta
in cenere, dopo essere stata sollevata alta nel
cielo, piombò giù di nuovo sull'isola come un
turbine; e il mare si ritrasse per tre stadi, ma
non molto dopo essersi ritirato, tornò indietro
e con la corrente di ritorno allagò l'isola; e
di conseguenza il fuoco sull'isola fu estinto, ma
il frastuono fu tale che la gente sulla
terraferma fuggì dalle coste entro la Campania.
Le sorgenti dell'isola hanno fama di curare chi
soffre di calcoli.
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Livio, VIII, 22.5-6
La città di Palaepolis era non lontana
dall'attuale sito di Neapolis. Entrambi i luoghi
erano abitati dalla stessa gente, che era venuta
originariamente da Cuma, mentre i Cumani fanno
risalire la loro origine da Calcide in Eubea.
Grazie alla flotta che li aveva portati dalla
loro città natia, essi esercitarono notevole
influenza lungo la costa del mare sulla quale
vivevano, essendo prima sbarcati sulle isole di
Aenaria e Pithekoussai, ed essendosi poi
avventurati a trasferire la loro base sulla
terraferma.
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