Attività
Cercare di definire uno stile architettonico unico per un'isola così variegata, un'isola capace di offrire mare e montagna e un vasto assortimento di colori e profumi, è impresa in sostanza ardua.
Ischia è un crogiuolo di modelli, stili, intuizioni e costrizioni che si sono rincorse nel corso dei secoli della sua storia, frutto delle varie colonizzazioni che si sono succedute ma anche dei bisogni, delle necessità e delle possibilità per i suoi abitanti.
I suoi borghi, le sue vie, le sue chiese, i suoi entroterra sono un continuo avvicendarsi di forme e sostanze che tracciano un importante passato storico di questa isola.
Esempi di una tradizione ispanico-aragonese e delle necessità di quel periodo storico si presentano nell'antico borgo marinaro d'Ischia Ponte e hanno la loro sublimazione nella fantastica roccaforte del Castello Aragonese, meraviglioso esempio d'armonia con la natura, giusto sfruttamento degli spazi, abilità militare e costruttiva, conoscenza di numeri e forme geometriche, costruito su un rilievo a mare, collegato alla terraferma solo da un ponte. Nei resti dell'acquedotto presente ancora nella zona Pilastri denotiamo l'antica dominazione romana, primi turisti ante litteram della nostra isola, giacché la preservavano principalmente per i suoi tesori termali. Potremmo ritrovare un pezzo di Medioriente e della dominazione turca, visitando il Forio e avvicinandoci alla bellissima Chiesa del Soccorso come non notare le tracce di un'architettura mista tra il bizantino e il moresco, tipica di quell'epoca.
È, però, nell'entroterra ischitano che si sviluppa il vero spirito isolano con costruzioni e stili prettamente ispirati alle esigenze, ai materiali e alla geofisica del territorio facendo fiorire tradizioni costruttive come le "case nella pietra", le "parracine", la cupola "a carusiello", elementi che spesso si fondono con veri e propri rituali associati alla loro costruzione. L'ingegnosità dell'abitante del luogo, la necessità di sfuggire alle invasioni piratesche e di creare nuovi spazi coltivabili, fa sì che gigantesche porzioni di roccia staccatisi dalle montagne circostanti, perfettamente mimetizzate nel verde dell'isola, fra le contrade di Ciglio, Cotto, Panza e Falanga, in seguito alle varie manifestazioni associate all'attività vulcanica, siano scavate all'interno ed adibite a vere e proprie abitazioni, costruite proprio nella roccia, così come testimonia il nome a loro dato (case di pietra), servendo di volta in volta, persino ancora oggi, secondo le necessità da comode case rurali, fresche cellai, pozzi per la raccolta dell'acqua, depositi per gli attrezzi agricoli, luoghi di culto. Un gioiello d'abilità tecnica, conoscenza del territorio e asservimento dei materiali a disposizione per il proprio abbisogno sono le "parracine", muri di contenimento e delimitazione costruite con pietre laviche o tufo verde o giallo, senza l'utilizzo di calce in modo da permettere lo scorrimento delle acque pluviali, impedendo così l'allagamento dei terreni. Il completamento delle case, spesso con la cupola a "carusiello", semicircolare a volta, o piana, con un tetto di lapillo e calce, chiamato "asteco" era occasione per un particolare rituale tutto isolano, "a vattuta' e ll'asteco", in cui la battitura del lapillo e della calce, per renderlo uniforme, era effettuata da una vera squadra di persone (capomastro, caposquadra, maestri lastricatori e manuali battitori) ed era accompagnata da musicanti con clarino e tamburello. La squadra operava tutta insieme, procedendo con i battitori affiancati per l'intera superficie della copertura ed alternando i passaggi da un capo all'altro in direzioni tra loro ortogonali, rappresentando, di fatto, un momento di comunione dell'intera comunità , simbolo di uno spirito d'unione e d'intenti oramai dimenticato in molte parti del mondo. Insomma, l'architettura isolana è figlia del greco e del romano, del turco e dell'ispanico, ma anche del mare, della terra, della roccia e del fuoco che formano quest'isola e dell'ingegno e delle necessità di chi, da secoli, si avvicenda su questo suolo fertile di vita, magia e passione.
Dall'Ottocento a oggi
Le vicende storico-urbanistiche dell'800 possono considerarsi come iniziate con l'esaurirsi dei pericoli causati dalle scorrerie saracene. A seguito degli avvenimenti politici che determinarono lo spopolamento del "Castello" ed il conseguente trasferimento sull'isola di tutti i privilegi e le prerogative, il Borgo di Celso assunse la denominazione ufficiale d'Ischia.
Con la trasformazione del lago di Villa dei Bagni in porto l'omonimo centro diveniva il fulcro della vita commerciale dell'isola imponendosi, ben presto, per il crescente incremento dei traffici, come il vero polmone dell'attività economica isolana e conseguentemente sede privilegiata per gli uffici pubblici. Nel contempo non era mancato, con l'ampliamento del centro di Campagnano, il diffondersi di piccoli nuclei abitativi lungo le pendici della omonima collina e nelle campagne tra l'Arso e Montagnone.
Dal Rinascimento al Settecento
Dai Romani al Medioevo
Il documento più importante per la storia urbanistica dell'isola nel secolo XVI è la pianta del Cartaro (1586), ove, nonostante la sommarietà dell'incisione, Ischia appare definita nelle sue parti essenziali.
Redatta in allegato al testo di Giulo Jasolino "De Remedi Naturali", dedicato alle cure termali ischitane, la carta propone un'organica illustrazione della situazione del tempo: il tipografo, infatti, benché intendesse porre in evidenza, esagerando a tale scopo le dimensioni, le località ricche di sorgenti ed i collegamenti tra loro, assicurati da una complessa rete di vie pubbliche, molte delle quali conservano, ancora oggi, il loro tracciato originario, non tralasci˜ di rappresentare la complessa orografia ed i nuclei abitati. L'incisione ha valore di documento, altres", perché offre un panorama toponomastico completamente rinnovato: ad oriente è riportato "Ischia civitas", denominazione che accomuna sia l'abitato principale sullo scoglio del Castello che il fitto aglomerato che si estende sulla costa opposta.
L'Isola d'Ischia ha un'origine molto antica. Le prime testimonianze di nuclei abitativi sull'isola sono rinvenibili nella zona di Lacco Ameno, dove intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. una colonia greca venne a mettere le proprie radici.
Le caratteristiche dei luoghi rispondevano in pieno alla logica ed ai requisiti di un insediamento umano.
Il promontorio di Monte Vico, per tre lati a strapiombo sul mare, ne divenne l'acropoli; le due insenature "sotto Varuli" e "San Montano" funzionarono rispettivamente da porto commerciale e da riparo alle navi in caso d'attacco dalla terra; la pianura di Santa Restituta permise l'attività produttiva del piccolo abitato, dislocato anche ad Arbusto, Mezzavia e Mazzola ed infine la valle di San Montano accolse la necropoli. Dovette trattarsi di una colonia di una certa consistenza, a giudicare dalla ricchezza dei reperti rinvenuti. A Monte Vico vi sono tracce di mura elleniche, blocchi basamentali di tempio; resti di strutture murarie a secco e fornaci, ceramiche, metalli lavorati, cocci vari, indicano un'intensa attività commerciale.
Phitecusa fu sicuramente fondata dai Greci e specificamente degli Eubei, ma fu frequentata anche da popolazioni diverse, come dimostrano i tanti materiali rinvenuti, che non sono solo di fattura greca. Secondo molti studiosi, la cittadella di Phitecusa era una sorta di porto franco utilizzato per il commercio da mercati orientali, da artigiani provenienti da Siria, Egitto, Puglia, Calabria.
Dalle origini al I sec a.C.
I coloni Euboici, Calcidesi ed Eritriesi, approdati, nella prima metà dell'VIII secolo, si stanziarono a nord ovest sull'altura di Monte Vico dell'isola, circondata da tre parti dal mare e collegata ad essa da un'impervia via d'accesso, località dalle condizioni ottimali per un utile insediamento cui fu dato il nome di Pithecusa.
Oltre che per ragioni di difesa, la scelta dovette essere determinata dall'esistenza di due rade d'approdo alla base del promontorio che rendevano agevoli le attività marinare e commerciali della nuova colonia.
Più che probabile appare, quindi, che Pithecusa, almeno nel primo tempo della sua fondazione, abbia assunto il ruolo d'emporio marittimo-commerciale. Ciò, però, non deve ascrivere l'assenza, nell'isola, di precedenti insediamenti: la stessa località di Monte Vico, infatti, era stata abitata ininterrottamente dalla età del bronzo. Frammenti di ceramica micenea, databili tra il XV e XIV sec., ritrovati nella fascia costiera tra Porto d'Ischia e Casamicciola e precisamente sulla collina di Castiglione, provano, anzi, preesistenti legami con il mondo Egeo.
La topografia di Pithecusa si configura con: a valle il promontorio, a nord-est, il porto ed un piccolo nucleo abitato (l'odierna Lacco); sull'altura la Città Ascendente fino all'Acropoli, ove la presenza di un Tempio arcaico è documentata da resti di tegole e cornici figuline; ai piedi dell'acropoli, a nord-ovest, ancora un approdo e la valle di S. Montano, area adatta per l'ubicazione della necropoli.
Alfonso Di Spigna, il pittore della malinconia, nacque a Lacco Ameno il 1 gennaio 1697 da Dioniso e Lucia Castaldo e morì il 1 novembre del 1785 all'età di 88 anni. Fu seppellito nella congregazione dei laici di Santa Maria dell'Assunta a Lacco e nel terremoto dell'83 le ossa del pittore andarono disperse nel crollo della detta Congrega. Scolaro di Francesco Solimena, trascorse parte della sua giovinezza a Genova, dove dimorò circa 7 anni. Dovette ritornare a Ischia prima del 1735, poiché in quest'anno vengonoregistrati pagamenti a suo nome nella chiesa di S. Maria di Loreto e nella Congrega dei Visitapoveri. Il pittore fu membro di questa Congrega fino alla morte, ricoprendo cariche importanti. Dalle notizie della sua vita si ha l'immagine di un'artista ben inserito nella vita isolana del 700, attivo e ben retribuito, proprietario terriero che, come scrisse il parroco Domenico Marone nell'atto di morte "spese bene la sua vita". Nella chiesa di S.Sebastiano, sono conservate due tele, "L'annunciazione" e "L'Arcangelo Gabriele con Tobiolo".
Il Card. Baldassarre Cossa, nato ad Ischia verso la metà del secolo XIV e morto a Firenze il 22 Dicembre 1419, figlio dell' Ammiraglio Giovanni Cossa e di Cicciola Barrili. Fu uno dei tre pontefici durante lo scisma d'Occidente con il nome di Giovanni XXIII, dal 1410 al 1415.
Il Card. Inigo d'Avalos, nato negli anni trenta del secolo XVI ad Ischia e morto a Roma il 20 Febbraio 1600, era figlio di Alfonso d'Avalos, Marchese di Pescara e di Maria d'Aragona. Fu Abate Commendatario di Procida.
Del pittore Cesare Calise ci sono scarsissime notizie e molti suoi quadri sono andati distrutti. Da qualche storico Cesare Calise, fu ritenuto di natali leccesi ma in realtà era originario di Forio.
La sua attività è documentata dal 1588 al 1641, come si evince dai contratti da lui firmati e dai registri parrocchiali. Pittore manierista, ha avuto un destino avverso, perché quasi tutta la sua produzione artistica è stata distrutta o mal restaurata, come nel caso della Madonna dei Misteri nella chiesa di Barano.Altre sue opere sono: la Madonna di Loreto, S. Nicola da Talentino, trittico raffigurante la Madonna delle Grazie e i Santi Vito e Caterina d’Alessandria, il martirio di Santa Caterina d’Alessandria, la Madonna del Rosario e i quindici Misteri.
Tutte le tele del Calise sono firmate in lingua latina "Caesar Calensis pingebat"
Filippo di Lustro, foriano di nascita, viveva stabilmente a Napoli, dove aveva frequentato l?universit? laureandosi in Legge. Presidente del club di Portici, il di Lustro collaborava con alcuni personaggi di spicco nelle vicende di quello straordinario decennio di fine secolo: Carlo Lauberg, che sarebbe divenuto Capo del Governo Provvisorio della Repubblica Napoletana del ?99, ed i giovani Vincenzo Galiani ed Emanuele De Deo.Tutti insieme parteciparono alla congiura antiborbonica del ?94 che, fallita, fu repressa nel sangue.
Filippo di Lustro, sottraendosi alla giustizia borbonica si rifugi? sull?isola natia. A proteggerlo fu la natura selvaggia dell?Epomeo, che offriva ripari sicuri e impenetrabili. Per diversi giorni di Lustro attese che giungesse il momento opportuno per continuare la fuga, finch? una notte, non riusc? ad imbarcarsi fortunosamente a Lacco Ameno su un gozzo che lo condusse a Civitavecchia.
Dal porto laziale, l?uomo raggiunse la Liguria, dove, nella zona di Oneglia, l?attuale Imperia, era stata fondata una repubblica filo-francese, di cui era presidente Filippo Buonarroti, fine intellettuale e rivoluzionario giacobino. L? di Lustro ricopr? ruoli di notevole responsabilit? nell?ambito dell?amministrazione della repubblica, conquistandosi la fiducia e la considerazione del Buonarroti. La permanenza ad Oneglia, dur? pochi mesi. Gi? l?anno seguente, quando fu revocato il mandato presidenziale a Buonarroti, di Lustro decise, insieme al Buonarroti stesso, di trasferirsi in Francia, a Parigi, dove continu? con maggiore intensit? la sua attivit? politica, aderendo al programma di Babeuf, quel ?Manifesto degli Uguali? che rivendicava l?applicazione del principio di uguaglianza nell?organizzazione sociale ed economica dello Stato francese.
Dopo la cattura e la condanna a morte di Babeuf, di Lustro scelse di arruolarsi nell?esercito di Napoleone, dove raggiunse il grado di Commissario di Guerra. Con l?armata napoleonica partecip? alla campagna d?Egitto e l?, il 25 luglio 1799 trov? la morte combattendo contro i Turchi ad Abukir.
(Fonte: Centro di ricerche storiche d'Ambra)
Erasmo Di Lustro nasce a Forio nel 1823. Entra giovanissimo nell’Ordine Francescano dei Minori osservanti , con il nome di padre Giuseppe da Forio.
Ottimo oratore, dotato di una fervente passione politica, non nasconde le sue simpatie liberali, contro i Borboni. Ideali che sono la sua bandiera anche dopo la fuga dei regnanti spagnoli. Si rivolge alla massa spiegandogli la necessità di annettere Roma alresto del paese per completare l’Italia.
Il suo pensiero ed i suoi modi attirano la simpatia di Giuseppe Garibaldi, ma gli provocano non pochi problemi con le gerarchie ecclesiastiche, che vedono nel prete una ribellione al Papa. Allontanato dall’Ordine, riprende il nome di battesimo, Erasmo Di Lustro e si dedica all’insegnamento in una scuola privata a Napoli, dove si impegna in profondi studi umanistici.
Nel 1873 ritorna a Forio e prende parte alle dispute legate alla vita politica locale. Negli ultimi anni vive un’esistenza ritirata, dedicandosi all’insegnamento privato e agli studi letterari.
Muore il 4 gennaio 1898.
Monsignore Francesco Morgioni, nato ad Ischia il 1 Settembre 1661 da Nicola Morgioni e da Domenica Sorrentino. Fu Vicario Generale della nostra Diocesi.
Vescovo di Ruvo di Puglia e poi di Minori. Morì ad Ischia il 18 Novembre 1712.
Mons. Bernardo Onorato Buonocore, nato ad Ischia il 18 Agosto 1700 da Nicola Onorato e da Antonia Sirabella. Fu Vescovo di Trevico e Vico della Baronia.
Morì a Trevico (Avellino) il 31 Dicembre 1773.
Mons. Francesco Lanfreschi, nato ad Ischia il 17 Marzo 1691 dal Marchese Giacomo Lanfreschi e da Angela di Mesesy-Garay. Fu vescovo di Gaeta e poi Arcivescovo di Acerenza e Matera. Mor? a Matera il 18 Novembre 1772
Monsign. Giovanni Andrea Schiano, nato ad Ischia il 21 Aprile 1676 da Antonio Schiano e Lucia Colonna. Fu Vescovo di Massa Lubrense. Morì ad Ischia il 12 Dicembre 1745.
Anna Baldino nata a Piedimonte di Barano d’Ischia il 16 gennaio 1913. Si laureò in lettere presso la Regia Università di Napoli nel 1937; dal ‘37 al ’50 fu insegnante di lettere, latino e greco nella sezione distaccata in Ischia del liceo “Umberto”di Napoli, nel 1951 divenne preside. Fondò tutte le scuole medie esistenti nei rimanenti comuni dell’isola. La Baldino ha scritto e pubblicato Saggi sulla Controriforma.
Luigi Lavitrano nacque a Forio il 7 Marzo del 1874, da Leonardo e Giuseppina Musella. Dopo il terremoto del 1883 venne condotto a Castelmorrone (Caserta) in un istituto diretto dalle suore della carit?, dove comp? i primi studi. Terminato il corso di studi primari, fu affidato a padre Filippo Valentini, che aveva aperto una scuola a Roma, qui comp? i studi liceali e nel 1897 consegu? la laura in teologia.Il 26 marzo 1898 venne ordinato sacerdote a Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano.
Nel 1914 venne eletto Vescovo di Cava dei Tirreni, Sarno e nel 1924 venne promosso Arcivescovo di Benevento. Durante la permanenza alla guida delle due diocesi, Luigi Lavitrano si dedic? con tutte le sue forze alla cura delle anime, ai tanti orfani.
Nel 1928 venne proclamato Arcivescovo di Palermo il quale venne accolto con la benedizione del popolo, rest? 17 anni e durante la seconda Guerra Mondiale rimase come unica autorit? a Palermo. Pio XII lo chiam? a Roma nel 1945 elevandolo al grado di prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi; nella nuova ed alta carica si distinse per la sua vita integerrima governando signorilmente.
Il 2 agosto 1950 il cardinale mor? a Castelgandolfo. I suoi resti mortali riposano a Forio nella basilica di S. Maria di Loreto.
Nato a Forio il 3 agosto 1842, si laureò nel 1866 come medico chirurgo e si specializzò in omeopatia partecipando alla Terza Guerra d’Indipendenza, come ufficiale medico. Scrisse diversi lavori sulla omeopatia prendendo parte a diversi congressi internazionali; nel 1895 venne istituita la cattedra di omeopatia all’Università di Napoli e per primo ad occupare quella cattedra fu proprio il Cigliano. Nel 1896 fu eletto come ConsigliereProvinciale per il Mandamento di Forio, ottenne la provincializzazione della strada di Ischia–Forio.
Morì a Napoli nel 1913, quella Napoli che gli assegnò un posto nel recinto degli uomini illustri.
La sua residenza foriana è l’antico palazzo Cigliano, dove ancora oggi, sul fianco della torre troneggia un angelo, che regge una festone, con su scritto: «Similia similibus».
Nato ad Ischia Porto il 4 Dicembre 1870. Nel 1897 dopo rigorosi studi venne ordinato sacerdote; sacerdote rigoroso ed equilibrato nello spirito, trasmetteva le sue idee ed iniziative con chiarezza. Il Buonocore prese in affitto dal comune di Ischia i locali del convento di S?Antonio per creare una scuola perch?, a quei tempi chi voleva studiare doveva per forza entrare in seminario, nacque cos? ad Ischia la prima scuola secondaria a tipo agrario la ? Vittoria Colonna ? che nel 1933 venne regificata. Nel 1939apre un?altra scuola privata :l?Istituto Magistrale ?Ferrante D?Avalos?, che ben presto venne parificato. Riemp? le case degli Ischitani con opuscoli, giornali e libri pubblicati a sue spese ne sono testimonianza i libretti intitolati? La Cultura?, il quindicinale? La Vedetta del Golfo? e libri con la storia di Ischia.
Giovanni Maltese nacque a Forio il 7 gennaio 1852 da Francesco e Rosa Castaldi, domiciliati nella zona di Monterone. Orfano di madre ancora bambino, essendo il padre passato a seconde nozze, fu affidato alle cure degli zii agricoltori e visse perciò la sua infanzia a contatto con la fertile terra di Forio e con la cultura contadina. Ben presto emerse in lui l'amore per l'arte, cui era naturalmente vocato. Si divertiva a scolpire testee figurine di uomini e di animali nel legno dei rami della sua terra con risultati apprezzabili in un bambino della sua età; e questo spinse l'allora sindaco Orazio Patalano a chiedere per lui una borsa di studio che gli consentì di trasferisi a Napoli e di iscriversi all'Accademia delle Belle Arti, dove ricevette istruzione ed educazione artistica dai più noti maestri del tempo. Ottenuto il diploma si trasferì a Roma, dove frequentò per due anni lo studio di GIULIO MONTEVERDE, celebre scultore verista. Proprio dallo scultore Monteverde, piemontese di nascita e romano di adozione, il nostro Maltese fu indicato come scultore per i lavori di abbellimento del castello di Chenonceaux, uno dei castelli della Loira, che ancora oggi si visitano con ammirazione, per l'eleganza dello stile, la perfezione dell'impianto architettonico, la simbiosi con l'ambiente naturale in cui sono immersi. La sua permanenza nella valle della Loira durò poco più di sei mesi. Tornato a Forio si dedicò alla scultura su commissione ed in questo periodo (1881) produsse "I pidocchiosi" bella scultura in gesso.
Tra il 1881 e il 1883 l'isola d'Ischia fu colpita da due terremoti; il più devastante fu quello dell'83, detto anche "terremoto di Casamicciola" perchè fu quella cittadina ad avere il maggior numero di danni e di morti. Anche Forio patì molti danni e pianse molti morti. Tra questi alcuni parenti di Giovanni Maltese, che riuscì a salvarne uno solo dalle macerie con l'aiuto di un ragazzo allora di dieci anni, individuato dai biografi poi nella persona di Luigi Patalano, che gli divenne in seguito amicissimo, anche se motivi politici li separarono agli inzi del '900, come dimostra qualche strale satirico lanciato da Maltese a Patalano nella raccolta "Cerrerme". Ottenuto in enfiteusi il Torrione dal Comune, lo trasformò in privata abitazione e in atelier personale. Qui è stato realizzato il maggior numero delle sue sculture e pitture, che ancora vi risiedono, essendo stato lasciato al Comune il suo consistente patrimonio artistico e avendolo il Comune disposto e ordinato nella sala superiore, chiamato Museo G. Maltese. Felicissimo fu l'incontro dell'artista con la signora Fanny Lane Fayer, ne nacque una vivificante esperienza d'amore, che si concluse con le nozze, celebrate a Napoli il 20 aprile 1901. L'affinità elettiva con la sposa, il carattere dolcissimo di Fanny, la tardiva ma profonda esperienza d'amore diedero allo scultore un rinnovato vigore e una insperata serenità.
Purtroppo il destino non gli fu generoso. Solo 12 anni dopo, il 21 agosto 1913, G. Maltese moriva a Forio, colpito da malattia cardiaca.
Nacque a Forio il 23 settembre 1880, terzogenito del dott. Matteo, medico e studioso del termalismo isolano, e di Marianna Patalano. Studiò presso il Seminario d’Ischia e nel Collegio dei Padri Benedettini di Cava dei Tirreni. Laureato in giurisprudenza, si dedicò maggiormente alla poesia e alle arti figurative. Collaborò ai quotidiani Il Mattino e Il Giorno; diresse i periodici isolani Il Gerone e L’Aquilotto, quest’ultimo da lui stesso fondato nel 1921.Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale di complemento. In quegli anni ideò ed eseguì il monumento a Vittorio Emanuele III, eretto nella città di Gorizia. Insegnò storia e diritto a Napoli nelle scuole tecniche. Tornato a Forio, dopo la seconda guerra mondiale, gli fu affidata dal Comune la custodia e la direzione del Torrione, dove erano conservate le opere del poeta e scultore Giovanni Maltese, di cui curò anche la pubblicazione dei Sonetti inediti dialettali con l’aggiunta di un glossario e di un saggio sul dialetto foriano. Sue raccolte poetiche: Quando ne imbrocco una e I miei versi giocosi, e la commedia in dialetto foriano Nzàurete. Furono da lui composte le epigrafi al Cardinale Luigi Lavitrano (Basilica di S. Maria di Loreto) e all’eroe foriano Luca Balsofiore.
Giovanni Verde amò profondamente Forio e l’isola. Negli ultimi tempi si dedicò alla istituzione del Gruppo Marinai d’Italia. Nel 1955 cura la pubblicazione dei sonetti dialettali inediti di Maltese.
Tra le sue opere ricordiamo: “La saga di Pitecusa o la leggenda dell’isola d’Ischia”, “Quando ne imbrocco una”, in dialetto foriano, “I miei versi giocosi” in italiano e la commedia in dialetto foriano “Nzàurete”.
La sua produzione poetica si caratterizza per un’intelligente ironia ed autoironia, attraverso la quale coglie gli aspetti genuini della vita foriana. Accanto alla sua produzione poetica è da annoverare il lavoro di scultore, ricordando almeno il monumento a Vittorio Emanuele II a Gorizia e il bassorilievo dedicato a Luca Balsofiore, medaglia d’oro al valore militare.
Morì il 28 marzo 1956.
Luca Balsofiore nacque a Forio d'Ischia (Napoli) l'11 gennaio 1906. Conseguito il diploma di Capitano Marittimo presso l'Istituto Nautico di Napoli ed ammesso al Corso Ufficiali di complemento all'Accademia Navale di Livorno, nel giugno 1928 conseguì la nomina a Sottotenente Direzione Macchine. Trattenuto in servizio a domanda, nel 1930 fu promosso Tenente e nel 1937 venne nominato Capitano, prestando successivamente servizio su unitàdella Squadra Navale, presso la Scuola Specialisti di Venezia, all'Accademia Navale di Livorno, presso il Comando Militare Marittimo Autonomo dell'Alto Adriatico, ed infine a Navalgenio Genova.Partecipò alle operazioni militari in Spagna, il 16 aprile 1941, partecipò alla missione di scorta convogli che vide l'unità aspramente impegnata contro 4 unità similari inglesi. Nell'aspro combattimento che ne segui e che culminò con l'affondamento del Luca Tarigo e del cacciatorpediniere inglese Mohawk silurato dallo stesso Luca Tarigo, Luca Balsofiore benché gravemente ferito ed accecato da un colpo al viso volle essere accompagnato in plancia comando accanto al suo Comandante il Capitano di Fregata Pietro De Cristofaro, e con lui scomparì tra i flutti nell'affondamento dell'unità.
Luigi Mazzella nato ad Ischia il 21 Dicembre del 1829. Nel 1865 si laureò in medicina specializzandosi in chirurgia ostetrica, fu un medico di grande scienza e si prodigò verso i pazienti con singolarità. Nel 1869 fu eletto sindaco d’Ischia e resse le sorti del comune per quindici anni circa, diede incremento alle scuole elementari, semplificò la burocrazia del comunee mise disciplina negli uffici pubblici. L’opera che lo ricorda ai posteri fu lacostruzione dello stabilimento termo-minerale di Ischia Porto. Muore il 5 marzo 1883.
Nacque a Forio nel 1836. Si laureò in medicina nel 1863. A Forio si prodigò con tutte le sue forze per alleviare le sofferenze morali e materiali delle classi umili e diseredate. Nel 1881 e 1883, quando Ischia fu colpita dal sisma, Matteo Verde fu tra i primi a soccorrere i feriti. Tali meriti gli valsero la nomina di cavaliere della Corona d’Italia da parte del re Umberto I. Fu un medico impegnato negli studi scientifici e nella ricerca. Propagandò l’usodelle vaccinazioni per prevenire le malattie esantematiche. Nel 1894 prese parte al movimento liberatorio giovanile “Lega per la Libertà”, prese parte anche agli avvenimenti politici foriani ma non ricoprì mai cariche amministrative. Ai suoi funerali alcuni giovani patrioti avvolsero la bara nella bandiera tricolore.
Monsignor Agostino D'Arco, nato ad Ischia il 5 Marzo 1899 da Michelangelo D'Arco e Maria Francesca Trani, Vescovo titolare di Tenneso e Coadiutore di Mons. Emanuel, Vescovo di Castellamare di Stabia, al quale succedette il 29 Marzo 1952.
Morì a Castellamare il 29 Settembre 1966.
Mons. Carlo Mennella, nato a Casamicciola il 29 Giugno 1834 da Nicola Mennella e Carolina Sirabella. Fu Vescovo titolare di Mennith ed Ausiliare di Mons. Di Nicola, Vescovo di Ischia.
Morì a Casamicciola il 30 Luglio 1883.
Monsignor Giovanni Onorato Carcaterra, O.F.M., nato a Forio l'11 Febbraio 1871 da Vincenzo Carcaterra e Raffaela Capuano.
Fu Custode di Terrasanta a Gerusalemme, poi Vescovo titolare di Ipso.
Morì a Grumo Nevano il 14 Marzo 1940.
Nacque a Forio il 24 gennaio 1856 di origini contadine.
Avviato in seminario dal sacerdote Filippo Monte, si distinse ben presto fra i coetanei per le elette virtù di mente e di cuore. Ordinato sacerdote, fu destinato all’insegnamento nel Seminario d’Ischia per la sua profonda cultura e per le notevoli doti di umanacomprensione e di paterna carità.
Nel 1902, dopo trentuno anni di insegnamento e di guida spirituale svolti nel Seminario Iscitano, Giovanni Regine veniva nominato Vescovo di Nicastro. Resse quell’importante Diocesi per sedici anni, lasciando fra le popolazioni calabre un’impronta incancellabile per l’infaticabile attività pastorale, l’operosità incessante, le iniziative sociali (specie in occasione del terremoto che colpì le Calabrie nel 1908) e il Governo della Chiesa (indisse un importante Sinodo nel 1911; i 340 decreti sono raccolti in un volume di eccezionale interesse ecclesiastico e teologico).
Nell’infuriare della prima guerra mondiale, mons. Fu nominato Arcivescovo di Trani e Barletta da Papa Pio X. Duro nell’alto incarico appena due anni: il morbo della peste che infieriva nella città di Trani lo colse mentre si prodigava fra gli ammalati, incurante dei pericoli e con tutto l’ardore del suo ministero religioso e sociale (4 ottobre 1918).
Le venerate spoglie furono traslate nella sua terra natale, a Forio, dove non aveva mai smesso di soggiornare nei mesi estivi o nei periodi di riposo, e tumulate nella Basilica di S.Maria di Loreto.
Monsignor Giovanni Scotti, nato a Barano d'Ischia il 18 Marzo 1874 da Salvatore Scotti e Caterina Mattera, a soli 22 anni si laurò in sacra teologia e l’anno dopo conseguì la laurea in Utroque jure.
Profondo conoscitore della Bibbia pubblicò dei volumi di commento biblico che ebbero l’onore di più edizioni. Nel 1918 venne promosso Arcivescovo di Rossano ove lavorò tra i giovani di azione cattolica,e affrontò i penosi problemi sociali e di rinnovamento economico della vita del paese. Morì a Procida il 16 Ottobre 1930.
Prof. Mennella Cristofaro nato a Casamicciola Terme il 17 Febbraio del 1907, attraversò i corsi di studi molto rapidamente, laureandosi in scienze fisico–matematiche. Fu nominato, nel 1951, Direttore dell’Osservatorio Geofisico dell’isola d’Ischia da parte dell’Ufficio Centrale di Meteorologia ed Ecologia. Una sua opera accolta nel mondo universitario fu “Il Clima d’Italia”.Il Mennella fu socio della Società Astronomica Italiana, di quella Geofisica e Meteorologia, di quella Geografica Italiana, dell’Associazione Medici Italiana di Idroclimatologia, della Società Italiana per il progresso delle Scienze e della Società di Astronautica Italiana. Morì il 25 Gennaio del 1976.
Vincenzo Telese nato ad Ischia il 19 febbraio del 1907. Nel 1928 assunse la rappresentanza della Banca d’America e d’Italia, nel 1930 era titolare e direttore dell’Ufficio del Forestiero fondato per contribuire alla valorizzazione delle risorse naturali ed allo sviluppo delle attività turistiche e termali dell’isola.
Dal 1936 al 1946 assolse l’incarico di Giudice Conciliatore di Ischia, nel 1946 divenne Sindaco di Ischia.Sviluppò il turismo; snellì la parte burocratica degli uffici comunali, diede incremento alle scuole elementari, medie e superiori, ed invitò ad Ischia operatori turistici; così Ischia diventò luogo turistico di prima classe.
Nel 1966 fu nominato Presidente della Società Iniziative Turistiche Ischia e del Club Internazionale “Ischia nel Mondo”.
Giuseppe D’Ascia, autore della monumentale ed enciclopedica Storia dell’isola d’Ischia (1867), nasce a Forio il 23 febbraio 1822. A dieci anni perde entrambi i genitori a poca distanza l’uno dall’altro. Studia a Napoli per circa sei anni e nel 1845 sposa Maria Capuano, che muore prematuramente, lasciandolo vedovo e padre di due figli. I dolori non finiscono per lui che nel 1860, dopo essere sopravvissuto ad un’imboscata tesagli da
Alberto Mario nasce a Lendinara (Rovigo) nel 1825. Partecipò alla prima guerra d'indipendenza e ai tentativi insurrezionali di Genova.
Nel 1857 si reca prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti. Ritorna in Italia per la seconda guerra d'Indipendenza, ma vi giunge quando è già stato firmato l'armistizio. Sposato con la mazziniana Jessie White ed amicoe consigliere di Garibaldi, partecipa alla spedizione dei Mille. Alle imprese di Garibaldi dedica due suoi scritti: La Camicia Rossa (1870) e Vita popolare di Garibaldi (1872). Muore nel 1883.
Luigi Patalano, letterato, politico e poeta, nasce a Forio nel 1869. Intraprende gli studi classici e dopo la maturità si iscrive alla facoltà di giurisprudenza. Non termina gli studi per dedicarsi al giornalismo.
Nel 1890 fonda e dirige la rivista Pro Patria. Rivista politica e scientifica. Giornale radicale che accoglie socialisti e repubblicani e che si presenta come «un settimanale di altissimo livello culturale e particolarmente incisivo, sulla linea repubblicana mazziniana ed in aperta opposizione alla monarchia» (D’Ambra, p. 11).
(Lacco Ameno 1909-Roma 1964). Generale di Divisione. In tenera età si trasferì con la famiglia a Taranto, dove il padre, maresciallo, prestava servizio nella Marina Militare. Dopo i primi studi, nel 1929 entrò nell'Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena. Il 22 gennaio 1941, al comando della Divisione corazzata Ariete, partì per l'Africa settentrionale italiana. Sui campi di battaglia fu combattente eroico, trascinatore di missioni, meritando varie decorazioni, tra cui la Croce di ferro germanica di II classe, cheperò lui calpestò e buttò via quando ci fu l'eccidio delle Fosse Ardeatine. Il 7 maggio 1942 il re Vittorio Emanuele III gli conferì l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia. Durante le Olimpiadi di Roma, nel 1960, tenne il comando del Raggruppamento Militare. Il comune di Lacco Ameno ha deliberato di intitolargli una strada.
(Ischia 1917-1989). Armatore che ha dato grande impulso alle comunicazioni marittime tra le isole ed il continente. Fin da piccolo dimostrò una grande propensione per il mare. Imparò innanzitutto a pilotare l'Ondina, in servizio per i collegamenti Ischia-Napoli. Quando l'isola d'Ischia cominciò ad affermarsi in campo turistico, Agostino Lauro avviò la costituzione della compagnia di navigazione che diventerà nel tempo una delle più grandi edimportanti del Mediterraneo, contribuendo soprattutto ad agevolare sempre più le comunicazioni tra l'isola dÕIschia e la terraferma. Dopo la Freccia del Golfo (1948), un mass da guerra adattato al trasporto passeggeri, dalla metà degli anni 1950 è tutto un susseguirsi di acquisizioni: la Celestina, la Angelina, la Rosaria, il Salvatore Lauro, l'Agostino Lauro, il Settebello... Si ha poi anche il passaggio agli aliscafi, che hanno notevolmente rafforzato i collegamenti marittimi. Nel 1968 iniziano i collegamenti tra Napoli e Palermo; poi lo spostamento sulla linea Brindisi - Corfù. Nominato Cavaliere del Lavoro nel 1974.
La caffettiera galante, come la chiamava Elsa Morante, proprietaria del Bar Internazionale di Forio, frequentato specialmente negli anni 1945/1960 dagli illustri personaggi (artisti e letterati italiani e stranieri) che erano soliti soggiornare a Ischia. A lei si ispirò il poeta W. Auden per il personaggio di Babà la Turca nel libretto La carriera di un libertino musicata da Strawinsky; inoltre in una poesia intitolata Il Bar Internazionale così conclude:
Nativo di Napoli (1920), ischitano per discendenza materna, ha sempre nutrito un grande amore per Ischia ed ha sviluppato una intensa attività a favore dell'isola. Dal 1952 al 1956 è stato direttore dell'EVI, e poi fino all'aprile 1964 presidente dell'ente stesso, contribuendo in maniera determinante all'impostazione e soluzione dei problemi, oltre che allo sviluppo turistico ed economico, in un periodo che vide appunto la realizzazione di numeroseopere. Fondò e diresse il mensile Ischia l'Isola Verde (1949-1952) e il quindicinale, insieme con Saverio Barbati, Il Golfo (1953-1954), e poi Lettera da Ischia (1962), titolo ripreso successivamente varie volte; nel 1959 pubblicò una Guida dell'isola dÕIschia; provvide ad istituire la collana pubblicistica I Quaderni dell'isola verde. A lui si devono inoltre la costituzione dell'Associazione Amici dellisola d'Ischia e del Circolo Nautico di Forio. Ha occupato posti importanti anche alle dipendenze della Radio Televisione Italiana.
(Serrara Fontana 1852-1933). Eremita dell'Epomeo, "filosofo rude e taciturno", che, dopo 42 anni, fu costretto a lasciare l'eremo in seguito ad un provvedimento del comune di Serrara Fontana che un gruppo di isolani, in un appello ai concittadini e alle autorità, definiva "violazione della legge da parte dei custodi della legge". Nel 1926, dopo due anni, venne richiamato e fatto tornare sull'Epomeo, dove egli aveva ospitato alpinisti e carbonari, turisti e legnaiuoli, poeti, condottieri e principi (il re Vitt. EmanueleIII), «offrendo a tutti la stessa paglia per letto e lo stesso bicchiere di liquore forte, all'alba, mentre la nebbia che sale dalla vallata fa emergere le cime del monte come scogli neri di un mare grigiastro».
(Casamicciola 1844-1898). Ordinato sacerdote nel 1866, divenne parroco di una Casamicciola distrutta dal terremoto del 1883, in cui anch'egli fu estratto miracolosamente dalle macerie, e dedicò la sua vita al suo paese con una assidua azione pastorale, con abnegazione e instancabile operosità e carità a favore dei bisognosi. Molto si adoperò anche per la ricostruzione della Chiesa parrocchiale. Pubblicò varie opere, tra cui una Vita diNostro Signore Gesù Cristo. Avviata la causa di beatificazione nel 1991, è stato dichiarato Venerabile nel maggio del 2002 con decreto del 23 aprile 2002, riportato negli Atti della Congregazione per le Cause dei Santi, in cui, tra l'altro, si legge: «(Il Morgera) condusse il popolo nelle vie di Dio non solo per opera del suo sacro ministero, ma anche con la santità della sua vita, diventato esempio del suo gregge. Per esercitare nel miglior modo possibile la missione a lui affidata dalla Chiesa con animo costante seguiva l'esempio del Divin Pastore, sia con le parole che con le opere sforzandosi di diventare un altro Cristo. Costantemente, generosamente e con gioia spirituale coltivò le virtù cristiane e sacerdotali. Brillò soprattutto per la fede, la speranza e la carità. Con la mente e con il cuore abbracciò le verità rivelate e il Magistero della Chiesa».
(Roma 1921-Ischia 1994). Libero Docente in Idrologia medica presso l'Università La Sapienza di Roma, è stato una figura eminente nel campo del termalismo isolano sia come direttore del Centro Studi P. Malcovati di Lacco Ameno e direttore sanitario di stabilimenti termali a Ischia, Lacco Ameno e Casamicciola, sia per le sue pubblicazioni sugli aspetti precipui delle acque termali dell'isola d'Ischia, tra cui L'Isola d'Ischia, salute e bellezza,guida alle cure termali (1991), tradotta anche in tedesco. Ha inoltre pubblicato Il mio Yemen, uno schietto spaccato autobiografico, a naturale sapore romanesco, come soleva dire, di quattordici anni di vita yemenita (1955-1968).
(Ischia 1870-1960). Venne alla luce nella Villa dei Bagni, quindicenne entrò in Seminario, dove curò la sua preparazione con lo studio costante e appassionato. Fu ordinato sacerdote nel 1897 e prese ad insegnare latino e greco, non abbandonando mai la sua aspirazione di conseguire la laurea nelle sue discipline preferite, in un'epoca in cui le autorità ecclesiastiche non erano tanto propense a consentire ai sacerdoti la frequenzadelle università. Si adoperò costantemente per l'incremento delle scuole pubbliche sull'isola, oltre che per la cultura in genere. Nel 1915 fu sua l'iniziativa di aprire una scuola media e nacque così la Vittoria Colonna (ospitata nel convento di S. Antonio), cui affluirono alunni da tutta l'isola. Nel 1939 fu aperto l'Istituto Magistrale Ferrante d'Avalos operante sino al 1949, quando fu creato il ginnasio-liceo statale. Istituì la Biblioteca Antoniana. Nel 1944 con altri amici fondò il Centro Studi su l'isola d'Ischia, di cui tenne la presidenza sino al 1958. Fu autore di numerose pubblicazioni sull'isola d'Ischia, oltre che direttore di periodici di successo (La Cultura, con tematiche soprattutto storiche, e La Vedetta del Golfo): La storia di uno scoglio (1956), Il più bel fiore d'Enaria (1905), Nuptialia Isclana (1907), La Diocesi d'Ischia (1948), e varie altre. Noto il suo incitamento alle giovani generazioni a conoscere la propria terra, per poterla amare.
(Lacco Ameno 1766-1852). Ordinato sacerdote, fu per un certo periodo economo della Parrocchia della SS. Annunziata di Lacco, poi passò nella Curia Vescovile d'Ischia. A Lacco ricoprì anche la carica di giudice conciliatore dal 1828 al 1833; possedeva sulla contrada Pannella una villa in cui alloggiava molti viaggiatori nella prima metà del sec. XIX, fra cui vari monarchi. L'edificio era stato costruito verso il 1616 da un Francesco De Siano, anche lui sacerdote, che l'utilizzava per residenza estiva. Alla morte di don Tommaso, la villa fu divisa fra i coeredi ed una parte continuò a funzionare come bettola. Poi il terremoto del 1883 fece crollare tutto.
Nato nel 1921 ad Oratino in provincia di Campobasso, dove il padre, l'ischitano Aniello, era medico condotto. Compositore, autore, arrangiatore, cantante e chitarrista; in gioventù fu anche calciatore della squadra dell'Ischia. A Napoli a metà degli anni 1940 incominciò a cantare i classici della canzone napoletana; ad Ischia incontrò Romano Mussolini e insieme ad altri amici costituirono una band che si esibiva a La Conchiglia di Forio. Nel 1953 aprì ad Ischia con l'architetto Sandro Petti il Rangio Fellone, che sarà per un decennio il ritrovo notturno più frequentato dal jet-set internazionale in vacanza ad Ischia. Nacquero le canzoni L'ammore mio è... frangese; Na voce, na chitarra e 'o poco 'e luna; Chitarra mia napoletana. Nel 1954 suonò e cantò a Londra per la regina Elisabetta II, in occasione di un ricevimento offerto dall'Ambasciata Italiana: tra i presenti Laurence Olivier, Vivien Leigh, Anthony Eden, Vittorio De Sica, Peter Ustinov. Nel 1960 Angelo Rizzoli lo volle al Pignatiello, altro famoso ritrovo di Lacco Ameno. Scrisse anche musiche per film. Si spense il 6 agosto 1994 mentre era in viaggio, in treno, per il suo paese natale, Oratino.
(Lacco Ameno 1923-1995). Laureato in Lettere e Filosofia, esercitò la professione prima di insegnante e poi di preside. Nel contempo entrò presto nell'agone politico, divenendo sindaco di Lacco Ameno a soli ventitrè anni (1946), carica che conservò, tranne qualche breve interruzione, per oltre quaranta anni. Al suo mandato amministrativo sono legati alcuni momenti significativi del paese, come il grande sviluppo turistico.
Serrara Fontana
Lacco Ameno
Barano
Forio
Ischia
Casamicciola Terme
Questo comune prende nome da due principali villaggi che lo compongono, l'uno situato sulla vetta meridionale del Monte Epomeo, e l'altro a mezza costa. Questo comune è chiamato con romantica similitudine, la Svizzera dell'isola d'Ischia, sia per la sua montana postura, sia per l'industria pastorizia de'suoi montanari. Sono questi due villaggi affratellati, e congiunti dalla natura, e dall'organica amministrazione civile e militare, divisi nel ramo chiesastico in due parrocchie.
Questi due villaggi negli antichi tempi non erano che campagne occupate da agricoltori e pastori; avevano una sola parrocchia, ed era quella di Fontana la più antica dell'isola. Nel lato amministrativo essi, coi loro piccoli casali accessori, dipendevano- come le altre terre di quest'isola dalla città o castello d'Ischia. Essendo cresciuta la popolazione per tutta l'isola in processo di tempo Serrara e Fontana formarono parte dell'università del terzo.
Nel 1806 questi due paesetti acquistarono la loro autonomia amministrativa, e fu innalzato il consorzio a comune di terza classe.
Da un dizionario geografico-storico del 1802 ricaviamo che Fontana casale dell'isola d'Ischia unito coll'altro di Serrano avea una popolazione composta di 700 anime.
Attualmente la popolazione del comune riunito ascende, secondo la statistica ufficiale, a 1793 anime, ma da notizie precise raccolta da fonti autorevoli, a 1869 abitanti, i quali si dividono in agricoltori, pastori marini e possidenti-coloni.
Questo comune riunito confina da levante col comune di Barano, da mezzogiorno col mare e col comune di Testaccio, da settentrione con quello di Casamicciola, da ponente con quello di Forio. Comincia il suo territorio alla Croce di Colajacono al Ciglio, termina alla valle di Bellarita in Moropano.
Oggi è divenuto comune di sesta classe, appartenente al mandamento d'Ischia.
Il comune di Lacco ? situato alla parte settentrionale dell'isola, confina coi comuni di Forio a ponente, di Casamicciola a levante, coi stessi due comuni a mezzogiorno, e col mare a settentrione.
Questo comune guardandolo, dal Monte Vico, si presenta allo sguardo in forma d'anfiteatro: da una parte ? inghiottito dalle onde, un altro lato vi sono invece le colline di Castanito, di Pannella, di Mezzania, dell'Arbusto ed il promontorio di Monte Vico, e quello pi? modesto dell'Ebdomade e del lido, che chiudono a semicerchio l'estesa pianura occupata da vigne seminati e ville ridenti. Essa termina da un lato alle falde colline ombreggiate da ciuffi di scarsi selveti e dall'altro lato ? costituita dall'estesa marina bagnata dalle onde per tutta la sua estensione nordica. Le contrade Pannella, Mezzania, Casa-Monte, Casa-Siano, Fango, Cesa, Capitello, ed altre, sono comprese nel raggio di questo piccolo comune.
L'etimologia del nome Lacco, De Siano la fa derivare dal greco lapis, nell'italiano pietra, ossia luogo petroso; ed, infatti, egli sostiene: in tutto il territorio del Lacco era - forse a suoi tempi, o prima - pieno di grossi massi di tufo bianco; dei quali nonostante che se ne siano rotti, in gran quantit? per uso di fabbrica, ve ne sono ancora specialmente uno ossia la figura del fungo ben grande situato dentro il mare poco distante dal lido, che serve d'ormeggio e riparo ai bastimenti. I genovesi nel 1798 chiamano questo scoglio il Lacco nome assai espressivo per la denominazione del luogo.
Nel 1863 furono invitati tutti i Municipi dell'Italia Meridionale a portare quei mutamenti, che avessero creduto opportuni, agli antichi nomi de'loro Comuni. Il municipio di Lacco, credette di aggiungere a questo, il qualificativo d'Ameno e con decreto reale fu autorizzato a chiamarsi Lacco-Ameno, nome che ufficialmente conserva.
Volendo sollevare il velo che copre le favole, i miti, e le tradizioni di migliaia di secoli, e volendo scrutinare i monumenti che il territorio di Lacco ci presenta, conviene ritenere che dalle prime colonie Fenicie alle ultime invasioni Inglesi avvenute nel 1809, la maggior parte, se pur non si voglia dir tutte, abbiano dovuto approdare alla comoda e spaziosa spiaggia di Lacco; sia perch? pi? vasta la sua marina, sia perch? di pi? sicuro ancoraggio il suo seno.
In effetti, la leggenda vuole che la flotta troiana si sia riparata nel seno della marina di Lacco, e che quella colonia abbia col suo duce occupato questa pianura, col promontorio di Monte-Vico.
Il dottor fisico D. Francesco De Siano, nativo di Lacco, nella sua operetta, sostiene che dai monumenti greci scavati in quel sito, la sede principale delle colonie greche sia stato il Lacco, come situato nel mezzo dell'isola.
Tuttavia oltre le leggende e le opinioni dei locali scrittori, la statua informe d'Ercole etc., sono troppo le storie che indicano le prime colonie che hanno occupato questo sito. I Greci o Terreno delle prime spedizioni, stabilendo la loro principale sede nella valle di Negroponte sia in altri punti si distesero lungo il litorale, da punta Perrone a Monte-Vico com'? anche il parere di Jasolino e dell'Oltramontano. I Siracusani che fissarono il loro centro principale nella Terra di Forio si prolungarono fino alla marina di San Montano e di Monte Vico sulle cui vetta, costruirono un baluardo militare che l'eruzione dei Caccavelli non riusc? a distruggere.
Il noto scrittore Capaccio sostenne che le iscrizioni sulle urne sepolcrali, ed i nomi di quegli estinti, sono testimonianze troppo veridiche, del soggiorno de'Romani in questa amenissima spiaggia.
Per? se tutte queste colonie antiche hanno approdato, si sono soffermate in questo raggio di territorio, abbiamo argomenti da che non hanno mai stabilito una fissa dimora, forse perch? luogo troppo esposto, poco riparato, o non adatto alle loro industrie o mestieri, o forse perch? avendo piantato il loro cimitero, la loro necropoli, nella pi? romantica e malinconica pianura, e sul colle di Monte Vico, sia per venerazione ai defunti, sia per sentimento di religione o di superstizione, essi non fermarono la loro principale sede a Lacco, ma per luogo di venerazione. Questo luogo fu destinato e tenuto in venerazione, la sede dei loro Numi dei loro Penati per sacra contrada, fu abitato dalle anime degli estinti e dall'invisibile spirito dei loro protettori, fu quindi per timore di vederlo profanato da nuovi avventurieri, fu stanziato un distaccamento di guarnigione sul Monte Vico, ove furono scoperti dei rottami di vasi e di tegole solite utilizzate nei tetti delle abitazioni; come anche delle grotte intonacate a guisa di cisterne d'olio, o piuttosto di vino, anfore e ziri.
Tuttavia se rottami d'antiche fabbriche sono rinvenute su Monte Vico, se anche abitazioni sono esistite sulle colline della Fundera, Casa Monti e loro contorni, non vi sono segni d'antiche fabbriche lungo la pianura della marina. Dunque dovette esser l'ultimo tratto abitato. Quando la pirateria spar?, prima i pescatori e marinai, poi gli agiati borghesi cominciarono a costruir le loro case in questa amena posizione, accanto al mare.
Troppo ci siamo prolungati in questi dettagli storici, per cui passiamo ad epoche pi? recenti e diciamo, che il Comune di Lacco-Ameno se nei tempi del gentilissimo fu la sede del culto e della venerazione delle antiche colonie, come abbiamo accennato; nei tempi del cristianesimo fu ritenuto come depositario del corpo di una Santa. A tal proposito ecco quello che dice lo stesso De Siano di Lacco:
Non si pu? n? tampoco negare che nel principio del IV secolo approd? in quest'isola dall'Africa il corpo della padrona a tutelare della medesima, la vergine e martire S. Restituta, che in una barchetta giunse esangue nel lido del piccolo seno di mare di S.Montano che chiamatasi le ripe; le quali sono d'arena come ancora esistono; ove fu ricevuto e trasportato nel luogo, ove ? presente la sua chiesa, e convento insieme dei Padri Carmelitani, alla falda meridionale del gi? notato Monte di Vico...
La posizione di Barano e suoi casali è unica nell'isola: sembra un paese mediterraneo, perché posto lontano dal mare, in prominente giacitura, fra colline e monti, valli e pianure fertili e lussureggianti. Le campagne di Moscardino, Maisyo, Belvedere, Cufo, Cesa, la Torre, Casabona, Casale -e fra le adiacenze di Moropano- le altre di Cannavino, Tuoro, Valle, Terzano, Finestra, rendono più gaio e ridente quest'interessante comune. Anzi l'aria che si respira in questi luoghi è sanissima: il caseggiato è per lo più ad un piano solo terranno, ma decente, pulito; non mancano dei fabbricati a più piani, e dei palazzi che in quel sito fanno contrasto colle restanti private dimore. Come del pari eleganti casini sorgono fra quelle campagne.
I caseggiati del centro principale del comune danno un'aria di distinzione al sito, che esposto in una bellissima posizione, spiega alla vista un orizzonte pittoresco, ed incantevole dai due punti sud-est e sud.
Il territorio di Barano ha anch'esso un'antica storia, più antica di quel che sembra, atteso la fertilità del suolo, e la sua topografica posizione, riparato fra le colline ed i monti.
Questo vantaggio naturale attirò ivi gli antichi coloni, siracusani, partenopei, e romani; anzi ai tempi di quest'ultimi le contrade -ove oggi Moropane- Barano, e Testaccio, propriamente si dicono -erano abitate, e ritenute in rinomanza, per l'aere purissimo, e per le rinomate e venerate sue fonti d'acque termo-minerali, che dobbiamo riguardare come le più antiche, e le prime usate. Dicemmo rinomate tali acque perché furono stimate non inferiori a quelle rinomatissime dell'Umbria: venerate perché poste sotto la protezione d'Apollo e delle Ninfe Nitrosi, le quali diedero nome al fonte più specioso di questa contrada, che fu detto di Nitrosi e poi di Nitroli. I bassi-rilievi scavati a quelle vicinanze confermano quest'antichità.
L'amintà del sito, l'ubertosità del suolo richiamarono gli antichi suoi abitatori, l'aere puro e balsamico, che quivi si gode l'acqua salutare di Nitrosi che vi scorre, la quale per quanto fosse sperimentata portentosa per alcune infermità, è altissima pel pasto; pei comodi di vita - attirarono nuovi abitatori, in modo che questa terra fu più di prima popolata, tanto che Jasolino, il quale scriveva qualche cenno su quest'isola nel 1587 dicea che Barano dopo la Terra di Forio, era il casale più abitato dell'isola ed in quel tempo era congiunto a Testaccio facendo una parrocchia.
Ma venne un'epoca che la contrada di Barano rimase spopolata e fu dopo l'eruzione del 1301: sopraggiunse l'altra in cui la stessa contrada, e le terre circostanti perdettero l'antica importanza, e fu alla caduta degli Aragonesi.
Nel 1544 vennero questi casali del pari saccheggiati, come gli altri di Serrara, Panza e la terra di Forio, dal corsaro Barbarossa; fu più miseramente e spaventevolmente Barano gettato nello squallore. I suoi scampati abitanti si dispersero per l'isola, alcuni ricoverandosi in qualche torre in alzata in quel raggio di territorio, altri insulse alture della collina del Gottaviello, ed altri lavorando il giorno in quelle campagne, la sera si andavano a ricoverare nel castello d'Ischia divenuto l'unico rifugio degl'isolani, per schivare la schiavitù, e le violenze dei Saraceni.
Alla parte occidentale dell'isola d'Ischia, quel paese bagnato dal mare per tutta la sinuosa estensione; circondato da pianure verdeggianti; spalleggiato dal monte che si asside su i colli nella positura più voluttuosa e comoda, fiancheggiato da due correnti vulcaniche, l'una a settentrione, l'altro a mezzogiorno; quel paese si chiama Forio.
Confina a levante e mezzogiorno col Comune di Serrara-Fontana; a meridione con quello di Casamicciola, a settentrione con quello del Lacco, ad occidente col mare.
Le strade principali che mettono questo Comune in comunicazione colgono altri limitrofi sono tre: quella di Cavallara a nord che conclude a Lacco-Ameno, quella del Fango a nord-est per la mezza costa mette in comunicazione questo Comune con Casamicciola; quella a Sud che mena al Villaggio di Panza, e prosegue al comune di Serrara Fontana per ripide salite.
Belli, ameni, sono i suoi seni, i suoi promontori, i suoi ponticelli, e che noi descriveremo in seguito a questi dettagli.
Forio fu chiamato dal Jasolino Fiorio esprimendosi così: "detto da altri Forino, ma da noi Fiorio poiché dopo la distruzione di molte ville e castelli questo fiorì, essendo il maggiore degli altri in tutta l'isola, ben munito con dodici torri, con artiglierie, e con molta gente di volare, bello di sito abbondantissimo di vino, e di frutti eccellenti"
E De Siano soggiunse anch'esso il nome di Forio etc., in italiano ferace, fertile: denominazione data a questo luogo, perché a differenza degli altri luoghi dell'isola più fertile, per essere il territorio più esteso nel piano con delle basse collinette; e perciò più atto alla coltura e più fertile. Di ciò non si può dubitare, essendo anche tale sino al presente (1798); per questo motivo detta Terra sembra una città che contiene la più numerosa popolazione dell'isola, moltiplicandosi quella nei luoghi fertili per maggior concorso degli abitanti, la popolazione è ben situata tutta unita sopra una lingua di terra ecc.
Nel Comune di Forio comprende: 1 il centro principale del paese. 2 Il suborgo di Monterone. 3 Le case sparse. 4 Il villaggio di Panza.
In questo assieme di Città, di borghi, di campagne, di ville, il punto più culminante, da cui comincia il raggio di confinazione del Comune di Forio; chiamato il Fasano ad est, al di sotto del vertice dell'Epomeo: dalla parte destra e settentrionale, il punto più basso, la Cala di S. Montano, da cui procedente verso occidente si prolunga sulle correnti di Zaro o Caruso. Dalla parte di mezzogiorno il punto di demarcazione fra i confini è detto la Croce di Cola Jacono antico agricoltore o valle di Socchivo.
Le prime colonie greche abitarono ancora Forio; secondo l'opinione del De Siano.
Queste prime colonie greche, che si stabilirono su questa pianura, furono le doriche, cioè le Siracuse, rimaste in quest'isola sotto gl'ordini di Pacio Nimpsio e di Maio Pacillo, dopo la disfatta de'terreni.
Una tale opinione fu registrata dal d'Aloysio, e ripetuta dall'Anonimo Oltramontano.
Dalle falde del promontorio Imperatore alla valle di S. Montano, era una pianura fertile e ridente: i Siracusani si allettarono di quel sito, e mentre sull'incantevole spiaggia sottoposto all'Imperatore erigeva il loro tempio a -Venere Citerea- la cui statua in marmo bianco fu scoperta verso il 1792, e vandalicamente distrutta.
Dall'opposta parte, sul vertice del promontorio di Vico vi fu la muraglia di quella fortezza che doveva guardare la città sottoposta ad occidente e dominare la necropoli già esistente nella sottoposta valle, accanto al mare, all'ingresso della città, sulla strada maestra, com'era costume fra greci, e quindi fra romani di stabilire i loro cimiteri.
L'eruzione del Caccavelli scacciò questa colonia; la stessa seppellì la città sotto le lave di Zaro e Marecoco.
Gli elementi si ammansirono, ed accorsero i Partenopei, indi i Romani.
I monumenti scoperti, i vasi dissotterrati, le voci latine intromesse nel dialetto dorico, ci comprovano che i partenopei e romani vi si accasarono.
Sopravennero i siciliani, ai tempi di Giulio Cesare, e vantando diritti di proprietà sui terreni occupati dai napoletani, come aventi-causa dagli espulsi Siracusani, ne reclamarono il rilascio. Giulio Cesare fece diritto al loro reclamo, e quindi i Siciliani occuparono questa contrada.
A tal proposito riportiamo le parole del d'Aloysio. Forio ebbe origini dai siciliani, i quali trovando un clima al genio loro confacente, ivi si fermarono e moltiplicarono, e l'appellarono Forio.
Irruppero i barbari, queste pianure furono devastate, i superstiti si ricoverarono sui monti e sulle colline.
Coi Normanni e coi Svevi rimase l'isola immiserita, e ci˜ non pertanto i Soriani erigevano chiese, e si moltiplicarono, fornendo prova di costanza e valore indominabile.
Succedette la dinastia Angioina, la Sicilia si commoveva al Vespro, ed i figli de'Siciliani tumultuavano anch'essi, gridando per queste pianure: fuori i Francesi.
La fertilità del luogo piacque ai nuovi usurpatori, e mentre i soldatati di Carlo II devastavano questi campi, gli antichi coloni non si allontanano, con l'eruzione del 1301.
Ma ritornano nel 1305 e soddisfacendo voti, per non essere stati danneggiati nella proprietà e nella persona, dal fuoco dell'eruzione del Cremato, costruiscono chiese e cappelle a S. Antonio Abate.
Gli Spagnoli sopravvengono con gli Aragonesi, e Catalani, e Siciliani corrono a dissodare od occupare questi vigneti e quindi Lopez, i Galiz, i Jonchez si piantano qui e con loro i Corsi da Corsica, e poi altri da Malta, che prendono pure il casato dal luogo natio e diconsi i maltesi, altri da Matera in Puglia, e prendono il cognome di Mattera, o Matarese, altri da Sorrento, da Amalfi, dalla Toscana, e sono i Sorrentino, gli Amalfitano, i Fiorentino, costoro col loro casato danno nome ai primi vichi detti anche oggi Casa Jonchese, Casa Corso, Casa Calise, Casa Mattera, Casa Maltese, Casa Fiorentino.
Il centro principale, sorge ove anticamente era il Borgo di Gelso, contrada così chiamata, perché piantata a gelseti, all'ombra dei quali alberi nei giorni estivi si congregavano gli abitanti della città nelle ore di passeggio.
Quel borgo era negli antichi tempi abitati da marinai e pescatori, i quali a causa del loro mestiere non potevano abitualmente restar ricoverati nella chiusa città; ma del pari non potevano allontanarsi per le frequenti incursioni barbariche.
Amene campagne, fertili giardini, si estendevano all'intorno di quest'antico borgo, che gradatamente vide sorgersi d'intorno dei nuovi fabbricati, non più modesti ed incomodi; ma sontuosi ed architettonici, frutto della crescente agiatezza dei suoi abitanti.
Cresciuta la popolazione, crebbe il bisogno d'ingrandire la borgata, sia di caseggiati, sia degli altri comodi di vita.
Frutto del commercio, opera del ceto dei marinai, fu l'incremento del Borgo di Gelso, che ben presto si trasformò in polposa contrada, dove furono eretti templi, monasteri, ospedali. Fontane pubbliche, piazze, marine; l'una dalla parte sud-est pel ceto dei pescatori, l'altra dal lato nord-est del ceto dei marinai.
Quando il castello finì di essere la città dell'isola, divenne questo borgo, il centro principale del comune, ed ivi si riconcentrarono le autorità ecclesiastiche, e le militari dell'isola.
Questo centro principale del Comune d'Ischia si estende su di una spaziosa lingua di terra, bagnata a N.E. dal mare, per tutta la sua lunghezza: dal lato opposto è fiancheggiata da fabbricati decenti ed eleganti, dietro ai quali s'innalzano le ridenti colline di Sorezzano e del Procidano, abbellite da graziosi casini. Ischia ha poche strade interne: l'una rimarchevole per la sua estensione e larghezza, e quella di principio dal ponte dove prende capo l'istmo artificiale del castello e si prolunga fino al punto così detto terrazappata, dove volgendo a destra prosegue il suo corso verso la Mandra, il Cremato, Villa de'Bagni. A sinistra va a perdersi, dopo aver percorso la contrada Casa-Lauro, negli angusti e campestri sentieri di S. Giacomo e del Mandarino.
La traversa Puzzolana conduce alla Villa di Campagnano, ed alle campagne prossime, ai comuni di Testaccio, Barano, etc.
Spaziosa, comoda e ben lastricata è la piazza di questo Comune; essa è il centro di tutte le operazioni, il luogo di consegna di tutti i paesani ed i borghesi, sia che abitano nel centro principale, sia che ascendano dai paesi rurali. Decenti sono la maggior parte dei fabbricati del Comune d'Ischia.
Il Seminario fu aperto alla clericale istruzione fino al 1806 e servì per quartiere alla guarnigione della piazza. Nel 1844 fu riaperto, fu soppresso definitivamente nel 1865.
I migliori palazzi che s'incontrano sulla strada maestra, sono quelli dei signori Lauro, Califano, Lanfreschi, Morioni, de Luca, Mirabella, ed altri in costruzione, o recenti, o da noi dimenticati.
L'antico palazzo vescovile, un convento, e gli avanzi di stabilimenti pubblici e privati, da molti anni sono abbandonati e distrutti, non quivi abitano più isolani, o borghesi, perché conforma più parte del territorio d'Ischia, essendo divenuto luogo demaniale.
Alla sommità della rocca era acquartierata la guarigione dei veterani, dei quali appena nove ce ne son rimasti.
Al piede della rocca vi era un tempo una batteria a fior d'acqua.
Dal ponte levatoio, ove la prima porta saracinesca, alla cittadella, vi è una salita di circa un chilometro e metri 250 a forma di spira.Per la lunghezza di 500 piedi è scavata nella roccia, formante una galleria coverta di 22 piedi di larghezza, su venti d'altezza.
Nel XV secolo si riguardava come fortezza inespugnabile.
Questo castello fu edificato dai soldati di Gerone, quando scacciato i Cumani rivoltosi, rimasero essi ad occupar quest'isola verso l'anno 474 A.E.V. Fu chiamato Castel-Gerone, o Castel-Geronda e anche l'isola di Gerone. Fu poi detto Ischia e Ischia Minore.
Nei primi tempi vi si saliva dalla parte del mare.
Caduto il Castello in potere d'Alfonso I, questi vi fece scavare a forza di scalpelli una strada tanto larga, che due carri si potevano incontrare: levò ogni esterna comunicazione, e dalla parte di fuori s'assicurò con rupi e scogli inaccessibili, fossi, baluardi, muri e porte di ferro, indi gli impose il nome di Regium Castrum Isclae.
Alfonso stesso popolò questo recinto in una colonia composta di 300 suoi fidi, ai quali maritò le donne degli espulsi combattenti. Da quell'epoca la rocca prese il nome di terra, o Cittadella indi di Città dell'Isola.
Per rendere più sicura la nascente cittadella, e per congiungerla in un modo stabile all'isola, Alfonso I, pubblicò nel 1433 o 35 quel regio editto, riportato nella Seconda Parte di quella storia, che stabiliva la dogana accennata: fece congiungere la cittadella all'isola, con un istmo artificiale, formato di solidi ponti fra le onde e gli scogli; converto di pietre di basalto, e garantito da scogliere, il quale serviva ancora per riparare i piccoli legni che in tempi burrascosi si ricoveravano nel seno della marina di S.Anna.
Durante la signoria dei reali Aragonesi questo castello fu illustrato sia da fatti di valore, sia dalle dimore d'illustri e nobili personaggi.
Il Castello quando era la città dell'isola, arrivò a contenere una popolazione di 1892 famiglie, come attesta Giovannandrea d'Aloysio, per averlo ricavato dal censo del regno compilatosi nell'anno 1757.
Quivi allora era tutto riconcentrato, nobiltà, borghesia, clero, truppa, autorità, uffizi pubblici, chiese, monasteri, cattedrali, officine. L'isola d'Ischia era deserta sterile ed abbandonata. In qualche spiaggia, o collina si era aglomerata qualche villa, terra o casale, abitate da contadini, o agricoltori, o trafficanti, o pescatori, e pochi possidenti.
Nel secolo passato gli abitanti della città d'Ischia cominciarono a concentrarsi sulla collina oggi detta dei Cittadini di Casamicciola, ed in questi punti innalzarono ville e casini, palazzi, e chiese.
Alla fine del secolo XVIII tutti gli abitanti ne uscirono, la città rimase confusa col castello, e tutto ciò costituì la fortezza d'Ischia, occupata dalla guarnigione di veterani, e di marinari cannonieri.
L'origine del nome di questo comune è molto contrastata. Solenandro chiamò la contrada Casa-Mezula. Jasolino Casanizzola. D'Aloysio Casa-Nisola affermando che tal nome lo prese da un Eritrese matrona di nome Nisula, la quale perché storpia, fu quivi rimasta dai fuggitivi Eritresi, e risanò mercé la virtù di queste acque.
De Siano la chiamò Casamice affermando che tal nome è composto da due voci, una greca e l'altra latina, la greca è mica e la parola latina Casa, aggiunta posteriormente alla prima. Mica dal latino Sordem lavat totam, linguaggio figurato, sorto dal fervido ingegno dello scrittore, allude alle prodigiose virtù di quelle acque, che ivi scaturiscono, atte a togliere e lavare tutte le infermità.
Noi non accettiamo alcuna delle origini, perché le crediamo tutte apocrife, ed inverosimili o favolose.
In riguardo all'antico nome appoggiamo l'opinione che, il nome di Casamicciola, fu dato da chi per la prima volta edificò la prima villa di diporto, o casa di salute, in questa contrada, divenuta disabitata, e priva di nome; che per indicarla dalla città di terra ferma ove dovea abitar, la chiamò Casa-in-iusa, o casa-nell'isola, Casanisula, ecc.
Il Comune di Casamicciola si estende sul lato settentrionale dell'isola, alle falde del lato severo dell'Epomeo, alla base della Pera e di Catreca.
Il nome di Pera viene da tollo fero perchè da questo luogo i contadini trasportavano sulle spalle la creta, e le fascine alla marina di Casamicciola.
Catreca poi significa locus asper. Queste sono le etimologie di queste due altre contrade date dall'ingegnoso Ziccardi.
Per tutta l'estensione meridionale questo Comune è spalleggiato dalla catena degl'indicati monti e colline. Dal lato settentrionale è bagnato dal mare; a levante confina con Comune d'Ischia, a ponente con quello di Lacco, a mezzogiorno col Comune di Barano.
Casamicciola si divide in due parti principali: l'una dicesi Casamicciola di Sopra, l'altra Casamicciola di Basso.
Casamicciola di sopra comprende nel suo raggio tutte quelle contrade che s'innalzano sulle colline superiori del centro del Comune, come quelle del Sasso, Casa-Moriello, Majo, Casa-Monte, Casa-Castagna, Castanita, Casa-Sperone, etc.
Casamicciola di basso comprende, la contrada S. Pasquale ai cittadini, Perrone, i petroni, Piazza de'Bagni, e Marina.
Questo comune quantunque fosse esteso da territori montuosi e accollinati, quantunque fosse fornito ed intersecato dalle più belle, spaziose e comode strade dell'isola, graziosamente ombreggiate da acacie e da platani, è diviso in tanti rioni, in diversi caseggiati, alcuni dei quali sono piantati su d'incantevoli colline, circondati da vigneti ed arbusti; altri costruiti in romantiche vallate, irrigati dalle vaporose acque minerali, ed ombreggiati da selve cedue, ed altri concentrati nei punti delle loro industrie, i quali si spiegano in contegnoso disordine, su di una lingua di terra che forma la spiaggia di sinuoso lido.
Una tale romantica e variata posizione del Comune; il fabbricato così diviso, isolato costituisce, Casamicciola il paese della villeggiatura, del diporto, della campagna per il forestiere, e per l'infermo.
Questo paese si rende più bello perché presenta nei suoi diversi rioni, scene variate.
Era un conte ed alloggiò ad Ischia nel 1783 per cure. Grazie a lui il re Ferdinando IV arrivò ad Ischia, e ci ritornò anche l'anno successivo per pescare e andare a caccia. Il re trovava molto simpatica la popolazione dell'isola.
Famosa pittrice, si pensa che la sua visita ad Ischia avvenne nel 1773 e un successivo soggiorno nel 1787.
Venne ad Ischia nel 1638, ne racconta nel suo libro "MUNDUS SUBTERANEUS". Egli si stupì moltissimo del gran numero e della ricchezza delle fonti termali.
Fu uno dei primi ospiti stranieri che ci informò su Ischia dopo il ritorno di re Ferdinando a Napoli. Nel maggio del 1802 alloggiò in una osteria, nel borgo del castello, ebbe una buona accoglienza e un passabile giaciglio per la notte. Grazie a Benkowitz, che venne sull'isola per far visita ad un ufficiale di guardia sul castello, si hanno notizie sui prigionieri; ma non sugli incalliti malfattori ma i giovani figli della nobiltà napoletana che venivano rinchiusi nel castello, affinché si ravvedessero su alcune decisioni scomode ai genitori.
Medico francese venne ad Ischia, verso il 1585, perché interessato alle acque termali. Ne studiò a fondo gli effetti, scrisse un libro sulle fonti termali e sul potere curativo delle acque.
Famosa pittrice francese, arrivò ad Ischia alla fine del 1790, con amici. Ischia l'affascinò, sin dall'arrivo ella scrisse "una delle più belle impressioni che provai all'arrivo fu la vista di un gran numero di case adagiate sulla montagna e chiaramente illuminate, che si offrivano agli occhi come un secondo cielo". La sua escursione sull'Epomeo non fu da meno perché a quella vista rimase incantata e si disse che sicuramente la poesia doveva essere nata lì.
Principe ereditario figlio di Augusto III principe elettore di Sassonia e re di Polonia. Il giovane principe soffriva di una gravissima paralisi, nel 1738 venne ad Ischia per cure .Egli fece trentadue bagni nell'acqua del Gurgitello, al termine il giovane principe poteva spostarsi solo con l'aiuto del bastone.
Principe ereditario figlio di Augusto III principe elettore di Sassonia e re di Polonia. Il giovane principe soffriva di una gravissima paralisi, nel 1738 venne ad Ischia per cure .Egli fece trentadue bagni nell'acqua del Gurgitello, al termine il giovane principe poteva spostarsi solo con l'aiuto del bastone.
Friedrich era conte e ambasciatore danese a Berlino. Nicolovius figlio di friederich era laureando in teologia. Fecero un viaggio in Italia con la famiglia. Di mano del conte è disponibile una descrizione in quattro volumi di tutto il viaggio, mentre Nicolovius
aveva scritto uno stimolante trattato su Ischia intitolato "DIE ISCHIESEN". Nell'aprile del 1792 il conte con il figlio Nicolovius fecero la prima escursione di un solo giorno ad Ischia e ne rimasero colpiti per l'ospitalità e la gentilezza delle persone. Tornarono sull'isola nella seconda metà di agosto e la prima settimana di settembre dello stesso anno. Alloggiarono a Casamicciola presso un viticultore, videro ballare la tarantella, danza napoletana, nel modo più bello disse Nicolovius. Amò tantissimo l'isola, scrisse in una lettera " Fortunata piccola popolazione isolana! Il mare ti separi dalla terra ferma. Resta ancora con i tuoi costumi, con la tua devozione di piccolo popolo isolano! Così la gioia non ti abbandonerà e di generazione in generazione fedele ai tuoi padri apporterà gioie sempre più grandi".
E' stato uno dei primi ospiti che rimase sull'isola per mesi e del quale è rimasto un diario dettagliato dell'isola.Il diaro contiene un variegato disordine di notizie su tutto quello che Berkeley ha visto e vissuto quello che la gente gli ha raccontato sui costumi, sulle maniere dell'amministrazione e sulle strutture ecclesiastiche.
Era un viaggiatore inglese, nel 1610 di ritorno da un lungo viaggio si fermò a Napoli e fece una piccolissima visita a Ischia ma ne raccontò molto poco.
Medico interessato alle strutture termali, conosce Ischia nel 1786. Come guida ebbe il sacerdote e medico Francesco de Siano. Nei quattro giorni che trascorse ad Ischia MARCARD visitò la modesta struttura termale di Lacco Ameno, le stufe e i vapori bollenti di San Lorenzo. Salì sull'Epomeo e rimase incantato per il favoloso panorama.
Monaco francese domenicano che viaggiò molto e seppe esprimere magnificamente le osservazioni più intime della vita quotidiana. Purtroppo su Ischia non descrive nulla di particolare perché non la visitò mai, ci passò davanti nel giugno del 1711. In quella occasione la sua feluca restò in rada davanti Forio si fece raccontare qualcosa soltanto dalle persone venute sulla nave. Gli raccontarono del buon vino, della frutta e che c'erano ventiquattro preti ad Ischia.
Della sua presenza sull'isola se ne viene a conoscenza da un manoscritto di sedici pagine trovato su una bancarella di Parigi nel 1850.
Era un reverendo, viaggi? per l'Italia e arriv? anche ad Ischia. Nel suo libro esalta pienamente la bellezza del paesaggio e l' importanza dell' acqua termale. Egli scrisse che l'isola pu? essere considerata molto fiorente e agiata ed ? un luogo di salute e di piacere.
Importante archeologo visitò l'isola d'Ischia nella primavera del 1764.
Venne ad Ischia nel 1700 come accompagnatore del signor Cecill. Le scarne di notizie iniziano con l'informazione che in tutto il Mar Mediterraneo non c'è nessun altra isola che produca un vino così forte, poi si parla delle acque termali e di molti stabilimenti termali che servivano parte alla gente semplice, parte alla gente di riguardo. JOSEPH ADDISON era un noto poeta e uomo di stato, egli viaggiò per l'Italia dal 1701 al1703. Le sue osservazioni sono raccolte in un libro 'REMARKS ON SEVERAL PARTS OF ITALY', ne furono pubblicate dieci edizioni ,ma la visita su Ischia la descrive molto miseramente.
Era un noto poeta e uomo di stato, egli viaggiò per l'Italia dal 1701 al 1703. Le sue osservazioni sono raccolte in un libro "REMARKS ON SEVERAL PARTS OF ITALY", ne furono pubblicate dieci edizioni, ma la visita su Ischia la descrive molto miseramente.
Uno teologo tedesco l'altro fisico francese e geniale sperimentatore che formul? la legge sui rapporti fra spazio gassoso, pressione del gas e temperatura .I due si occuparono della geologia dell'isola, misurarono per la prima volta, con l'aiuto del barometro l' altezza dell'Epomeo.
Venne ad Ischia nel 1785 accompagnato dalla sua famiglia, prese in affitto un appartamento nel palazzo di San Montano (Lacco Ameno). Furono incantati dalla bellezza dell'isola e dalla gentilezza dei suoi abitanti. Il duca sperava di migliorare la sua salute ricorrendo ai bagni termali. La duchessa incantata dalla gentilezza degli abitanti organizzò una gioiosa festa.
Medico proveniente dal Basso Reno venne in Italia per completare i suoi studi sull'anatomia e la chimica. Nel suo tempo libero fece molti viaggi,ove non solo incontrò molti medici ma studiò anche la fauna e la geologia del paese. Era interessato particolarmente al vulcanesimo e alle acque calde.Nel suo libro "DE CALORIS FONTIUM MEDICATORUM CAUSA, EORUQUE TEMPERATIONE, LIBRIDO, ET PHILOSOPHIS ET MEDICIS PERUTILES" edito nel 1558, fece una descrizione completa delle acque bollenti e delle stufe di Ischia. Per la prima volta comparvero in letteratura il sudatario del testaccio, le fumarole di Monte Vico, racconta che raggiunse a remi un luogo, oggi chiamato "Bagnitiello", ove persino l'acqua del mare era bollente. A Citara si stupì per le numerose fosse scavate nella sabbia, che servivano da vasche da bagno perché piene di acqua bollente. Un anno dopo la pubblicazione del libro fu chiamato come medico personale alla corte di Dusseldorf, ove rimase fino la morte.
Nata nel 1777 a Flasch. Nel 1802 si realizzò il suo desiderio di conoscere l'Italia. Nel 1805 venne per la prima volta ad Ischia, alloggiò a Casamicciola alla Sentinella. Conobbe una vecchietta che prendendole la mano le disse che era malata e da noi sarebbe guarita; per i forestieri l'acqua ha straordinari virtù mentre per gli isolani non aveva nessun potere terapeutico.
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