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Perché Luigi è uno audace. Quel tipo di persona che della natura impara la genialità, ne
       assorbe l’energia e i modi. Che ha plasmato sul viso, sulla pelle, sulle mani ossee e sottili,
       e nell’espressione del volto come nei gesti o nelle posizioni del corpo, la conseguenza
       visibile dei moti dell’animo. E tutto ciò inevitabilmente si trasforma in voglia impellente
       di conoscere. La casa in cui si sono rifugiati è completamente ricavata dalla roccia. Fatta
       di tufo verde, come le antiche case di Ischia, risale al 1300 e sorge sulla montagnola di
       Tagliavento. Un tipo di pietra che presenta solchi e spigolature che se lavorate con lo
       scalpello dell’esperienza può diventare una casa. Invece che col mare hanno preferito
       il contatto con la terra magmatica che nella sua sospensione comunica attraverso il
       movimento impercettibile.
       Tuttavia se non ci si può sottrarre al Natale, se ne può riprodurre l’animo, anche d’estate,
       in un moto ininterrotto, e uscire dallo spettacolo, dalla messa in scena del presepe
       simbolo stesso dell’evento e crearne uno nuovo. Riprodurre la nascita – di se – fuori
       dal presepe per tornare bambino con i bambini e far nascere non belle statuine poste
       a guardia della staticità ma animi da sviluppare, vita, atteggiamenti e sperimentazione.
       Non una visione agghiacciante a causa dell’immobilismo che fa vivere nel Natale uno
       scricchiolante imbroglio cosmico dentro uno spettacolo.
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