Serrara Fontana
Questo comune prende nome da due principali villaggi che lo compongono, l'uno situato sulla vetta meridionale del Monte Epomeo, e l'altro a mezza costa. Questo comune è chiamato con romantica similitudine, la Svizzera dell'isola d'Ischia, sia per la sua montana postura, sia per l'industria pastorizia de'suoi montanari. Sono questi due villaggi affratellati, e congiunti dalla natura, e dall'organica amministrazione civile e militare, divisi nel ramo chiesastico in due parrocchie.
Questi due villaggi negli antichi tempi non erano che campagne occupate da agricoltori e pastori; avevano una sola parrocchia, ed era quella di Fontana la più antica dell'isola. Nel lato amministrativo essi, coi loro piccoli casali accessori, dipendevano- come le altre terre di quest'isola dalla città o castello d'Ischia. Essendo cresciuta la popolazione per tutta l'isola in processo di tempo Serrara e Fontana formarono parte dell'università del terzo.
Nel 1806 questi due paesetti acquistarono la loro autonomia amministrativa, e fu innalzato il consorzio a comune di terza classe.
Da un dizionario geografico-storico del 1802 ricaviamo che Fontana casale dell'isola d'Ischia unito coll'altro di Serrano avea una popolazione composta di 700 anime.
Attualmente la popolazione del comune riunito ascende, secondo la statistica ufficiale, a 1793 anime, ma da notizie precise raccolta da fonti autorevoli, a 1869 abitanti, i quali si dividono in agricoltori, pastori marini e possidenti-coloni.
Questo comune riunito confina da levante col comune di Barano, da mezzogiorno col mare e col comune di Testaccio, da settentrione con quello di Casamicciola, da ponente con quello di Forio. Comincia il suo territorio alla Croce di Colajacono al Ciglio, termina alla valle di Bellarita in Moropano.
Oggi è divenuto comune di sesta classe, appartenente al mandamento d'Ischia.
Lacco Ameno
Il comune di Lacco ? situato alla parte settentrionale dell'isola, confina coi comuni di Forio a ponente, di Casamicciola a levante, coi stessi due comuni a mezzogiorno, e col mare a settentrione.
Questo comune guardandolo, dal Monte Vico, si presenta allo sguardo in forma d'anfiteatro: da una parte ? inghiottito dalle onde, un altro lato vi sono invece le colline di Castanito, di Pannella, di Mezzania, dell'Arbusto ed il promontorio di Monte Vico, e quello pi? modesto dell'Ebdomade e del lido, che chiudono a semicerchio l'estesa pianura occupata da vigne seminati e ville ridenti. Essa termina da un lato alle falde colline ombreggiate da ciuffi di scarsi selveti e dall'altro lato ? costituita dall'estesa marina bagnata dalle onde per tutta la sua estensione nordica. Le contrade Pannella, Mezzania, Casa-Monte, Casa-Siano, Fango, Cesa, Capitello, ed altre, sono comprese nel raggio di questo piccolo comune.
L'etimologia del nome Lacco, De Siano la fa derivare dal greco lapis, nell'italiano pietra, ossia luogo petroso; ed, infatti, egli sostiene: in tutto il territorio del Lacco era - forse a suoi tempi, o prima - pieno di grossi massi di tufo bianco; dei quali nonostante che se ne siano rotti, in gran quantit? per uso di fabbrica, ve ne sono ancora specialmente uno ossia la figura del fungo ben grande situato dentro il mare poco distante dal lido, che serve d'ormeggio e riparo ai bastimenti. I genovesi nel 1798 chiamano questo scoglio il Lacco nome assai espressivo per la denominazione del luogo.
Nel 1863 furono invitati tutti i Municipi dell'Italia Meridionale a portare quei mutamenti, che avessero creduto opportuni, agli antichi nomi de'loro Comuni. Il municipio di Lacco, credette di aggiungere a questo, il qualificativo d'Ameno e con decreto reale fu autorizzato a chiamarsi Lacco-Ameno, nome che ufficialmente conserva.
Volendo sollevare il velo che copre le favole, i miti, e le tradizioni di migliaia di secoli, e volendo scrutinare i monumenti che il territorio di Lacco ci presenta, conviene ritenere che dalle prime colonie Fenicie alle ultime invasioni Inglesi avvenute nel 1809, la maggior parte, se pur non si voglia dir tutte, abbiano dovuto approdare alla comoda e spaziosa spiaggia di Lacco; sia perch? pi? vasta la sua marina, sia perch? di pi? sicuro ancoraggio il suo seno.
In effetti, la leggenda vuole che la flotta troiana si sia riparata nel seno della marina di Lacco, e che quella colonia abbia col suo duce occupato questa pianura, col promontorio di Monte-Vico.
Il dottor fisico D. Francesco De Siano, nativo di Lacco, nella sua operetta, sostiene che dai monumenti greci scavati in quel sito, la sede principale delle colonie greche sia stato il Lacco, come situato nel mezzo dell'isola.
Tuttavia oltre le leggende e le opinioni dei locali scrittori, la statua informe d'Ercole etc., sono troppo le storie che indicano le prime colonie che hanno occupato questo sito. I Greci o Terreno delle prime spedizioni, stabilendo la loro principale sede nella valle di Negroponte sia in altri punti si distesero lungo il litorale, da punta Perrone a Monte-Vico com'? anche il parere di Jasolino e dell'Oltramontano. I Siracusani che fissarono il loro centro principale nella Terra di Forio si prolungarono fino alla marina di San Montano e di Monte Vico sulle cui vetta, costruirono un baluardo militare che l'eruzione dei Caccavelli non riusc? a distruggere.
Il noto scrittore Capaccio sostenne che le iscrizioni sulle urne sepolcrali, ed i nomi di quegli estinti, sono testimonianze troppo veridiche, del soggiorno de'Romani in questa amenissima spiaggia.
Per? se tutte queste colonie antiche hanno approdato, si sono soffermate in questo raggio di territorio, abbiamo argomenti da che non hanno mai stabilito una fissa dimora, forse perch? luogo troppo esposto, poco riparato, o non adatto alle loro industrie o mestieri, o forse perch? avendo piantato il loro cimitero, la loro necropoli, nella pi? romantica e malinconica pianura, e sul colle di Monte Vico, sia per venerazione ai defunti, sia per sentimento di religione o di superstizione, essi non fermarono la loro principale sede a Lacco, ma per luogo di venerazione. Questo luogo fu destinato e tenuto in venerazione, la sede dei loro Numi dei loro Penati per sacra contrada, fu abitato dalle anime degli estinti e dall'invisibile spirito dei loro protettori, fu quindi per timore di vederlo profanato da nuovi avventurieri, fu stanziato un distaccamento di guarnigione sul Monte Vico, ove furono scoperti dei rottami di vasi e di tegole solite utilizzate nei tetti delle abitazioni; come anche delle grotte intonacate a guisa di cisterne d'olio, o piuttosto di vino, anfore e ziri.
Tuttavia se rottami d'antiche fabbriche sono rinvenute su Monte Vico, se anche abitazioni sono esistite sulle colline della Fundera, Casa Monti e loro contorni, non vi sono segni d'antiche fabbriche lungo la pianura della marina. Dunque dovette esser l'ultimo tratto abitato. Quando la pirateria spar?, prima i pescatori e marinai, poi gli agiati borghesi cominciarono a costruir le loro case in questa amena posizione, accanto al mare.
Troppo ci siamo prolungati in questi dettagli storici, per cui passiamo ad epoche pi? recenti e diciamo, che il Comune di Lacco-Ameno se nei tempi del gentilissimo fu la sede del culto e della venerazione delle antiche colonie, come abbiamo accennato; nei tempi del cristianesimo fu ritenuto come depositario del corpo di una Santa. A tal proposito ecco quello che dice lo stesso De Siano di Lacco:
Non si pu? n? tampoco negare che nel principio del IV secolo approd? in quest'isola dall'Africa il corpo della padrona a tutelare della medesima, la vergine e martire S. Restituta, che in una barchetta giunse esangue nel lido del piccolo seno di mare di S.Montano che chiamatasi le ripe; le quali sono d'arena come ancora esistono; ove fu ricevuto e trasportato nel luogo, ove ? presente la sua chiesa, e convento insieme dei Padri Carmelitani, alla falda meridionale del gi? notato Monte di Vico...
Barano
La posizione di Barano e suoi casali è unica nell'isola: sembra un paese mediterraneo, perché posto lontano dal mare, in prominente giacitura, fra colline e monti, valli e pianure fertili e lussureggianti. Le campagne di Moscardino, Maisyo, Belvedere, Cufo, Cesa, la Torre, Casabona, Casale -e fra le adiacenze di Moropano- le altre di Cannavino, Tuoro, Valle, Terzano, Finestra, rendono più gaio e ridente quest'interessante comune. Anzi l'aria che si respira in questi luoghi è sanissima: il caseggiato è per lo più ad un piano solo terranno, ma decente, pulito; non mancano dei fabbricati a più piani, e dei palazzi che in quel sito fanno contrasto colle restanti private dimore. Come del pari eleganti casini sorgono fra quelle campagne.
I caseggiati del centro principale del comune danno un'aria di distinzione al sito, che esposto in una bellissima posizione, spiega alla vista un orizzonte pittoresco, ed incantevole dai due punti sud-est e sud.
Il territorio di Barano ha anch'esso un'antica storia, più antica di quel che sembra, atteso la fertilità del suolo, e la sua topografica posizione, riparato fra le colline ed i monti.
Questo vantaggio naturale attirò ivi gli antichi coloni, siracusani, partenopei, e romani; anzi ai tempi di quest'ultimi le contrade -ove oggi Moropane- Barano, e Testaccio, propriamente si dicono -erano abitate, e ritenute in rinomanza, per l'aere purissimo, e per le rinomate e venerate sue fonti d'acque termo-minerali, che dobbiamo riguardare come le più antiche, e le prime usate. Dicemmo rinomate tali acque perché furono stimate non inferiori a quelle rinomatissime dell'Umbria: venerate perché poste sotto la protezione d'Apollo e delle Ninfe Nitrosi, le quali diedero nome al fonte più specioso di questa contrada, che fu detto di Nitrosi e poi di Nitroli. I bassi-rilievi scavati a quelle vicinanze confermano quest'antichità.
L'amintà del sito, l'ubertosità del suolo richiamarono gli antichi suoi abitatori, l'aere puro e balsamico, che quivi si gode l'acqua salutare di Nitrosi che vi scorre, la quale per quanto fosse sperimentata portentosa per alcune infermità, è altissima pel pasto; pei comodi di vita - attirarono nuovi abitatori, in modo che questa terra fu più di prima popolata, tanto che Jasolino, il quale scriveva qualche cenno su quest'isola nel 1587 dicea che Barano dopo la Terra di Forio, era il casale più abitato dell'isola ed in quel tempo era congiunto a Testaccio facendo una parrocchia.
Ma venne un'epoca che la contrada di Barano rimase spopolata e fu dopo l'eruzione del 1301: sopraggiunse l'altra in cui la stessa contrada, e le terre circostanti perdettero l'antica importanza, e fu alla caduta degli Aragonesi.
Nel 1544 vennero questi casali del pari saccheggiati, come gli altri di Serrara, Panza e la terra di Forio, dal corsaro Barbarossa; fu più miseramente e spaventevolmente Barano gettato nello squallore. I suoi scampati abitanti si dispersero per l'isola, alcuni ricoverandosi in qualche torre in alzata in quel raggio di territorio, altri insulse alture della collina del Gottaviello, ed altri lavorando il giorno in quelle campagne, la sera si andavano a ricoverare nel castello d'Ischia divenuto l'unico rifugio degl'isolani, per schivare la schiavitù, e le violenze dei Saraceni.
Forio
Alla parte occidentale dell'isola d'Ischia, quel paese bagnato dal mare per tutta la sinuosa estensione; circondato da pianure verdeggianti; spalleggiato dal monte che si asside su i colli nella positura più voluttuosa e comoda, fiancheggiato da due correnti vulcaniche, l'una a settentrione, l'altro a mezzogiorno; quel paese si chiama Forio.
Confina a levante e mezzogiorno col Comune di Serrara-Fontana; a meridione con quello di Casamicciola, a settentrione con quello del Lacco, ad occidente col mare.
Le strade principali che mettono questo Comune in comunicazione colgono altri limitrofi sono tre: quella di Cavallara a nord che conclude a Lacco-Ameno, quella del Fango a nord-est per la mezza costa mette in comunicazione questo Comune con Casamicciola; quella a Sud che mena al Villaggio di Panza, e prosegue al comune di Serrara Fontana per ripide salite.
Belli, ameni, sono i suoi seni, i suoi promontori, i suoi ponticelli, e che noi descriveremo in seguito a questi dettagli.
Forio fu chiamato dal Jasolino Fiorio esprimendosi così: "detto da altri Forino, ma da noi Fiorio poiché dopo la distruzione di molte ville e castelli questo fiorì, essendo il maggiore degli altri in tutta l'isola, ben munito con dodici torri, con artiglierie, e con molta gente di volare, bello di sito abbondantissimo di vino, e di frutti eccellenti"
E De Siano soggiunse anch'esso il nome di Forio etc., in italiano ferace, fertile: denominazione data a questo luogo, perché a differenza degli altri luoghi dell'isola più fertile, per essere il territorio più esteso nel piano con delle basse collinette; e perciò più atto alla coltura e più fertile. Di ciò non si può dubitare, essendo anche tale sino al presente (1798); per questo motivo detta Terra sembra una città che contiene la più numerosa popolazione dell'isola, moltiplicandosi quella nei luoghi fertili per maggior concorso degli abitanti, la popolazione è ben situata tutta unita sopra una lingua di terra ecc.
Nel Comune di Forio comprende: 1 il centro principale del paese. 2 Il suborgo di Monterone. 3 Le case sparse. 4 Il villaggio di Panza.
In questo assieme di Città, di borghi, di campagne, di ville, il punto più culminante, da cui comincia il raggio di confinazione del Comune di Forio; chiamato il Fasano ad est, al di sotto del vertice dell'Epomeo: dalla parte destra e settentrionale, il punto più basso, la Cala di S. Montano, da cui procedente verso occidente si prolunga sulle correnti di Zaro o Caruso. Dalla parte di mezzogiorno il punto di demarcazione fra i confini è detto la Croce di Cola Jacono antico agricoltore o valle di Socchivo.
Le prime colonie greche abitarono ancora Forio; secondo l'opinione del De Siano.
Queste prime colonie greche, che si stabilirono su questa pianura, furono le doriche, cioè le Siracuse, rimaste in quest'isola sotto gl'ordini di Pacio Nimpsio e di Maio Pacillo, dopo la disfatta de'terreni.
Una tale opinione fu registrata dal d'Aloysio, e ripetuta dall'Anonimo Oltramontano.
Dalle falde del promontorio Imperatore alla valle di S. Montano, era una pianura fertile e ridente: i Siracusani si allettarono di quel sito, e mentre sull'incantevole spiaggia sottoposto all'Imperatore erigeva il loro tempio a -Venere Citerea- la cui statua in marmo bianco fu scoperta verso il 1792, e vandalicamente distrutta.
Dall'opposta parte, sul vertice del promontorio di Vico vi fu la muraglia di quella fortezza che doveva guardare la città sottoposta ad occidente e dominare la necropoli già esistente nella sottoposta valle, accanto al mare, all'ingresso della città, sulla strada maestra, com'era costume fra greci, e quindi fra romani di stabilire i loro cimiteri.
L'eruzione del Caccavelli scacciò questa colonia; la stessa seppellì la città sotto le lave di Zaro e Marecoco.
Gli elementi si ammansirono, ed accorsero i Partenopei, indi i Romani.
I monumenti scoperti, i vasi dissotterrati, le voci latine intromesse nel dialetto dorico, ci comprovano che i partenopei e romani vi si accasarono.
Sopravennero i siciliani, ai tempi di Giulio Cesare, e vantando diritti di proprietà sui terreni occupati dai napoletani, come aventi-causa dagli espulsi Siracusani, ne reclamarono il rilascio. Giulio Cesare fece diritto al loro reclamo, e quindi i Siciliani occuparono questa contrada.
A tal proposito riportiamo le parole del d'Aloysio. Forio ebbe origini dai siciliani, i quali trovando un clima al genio loro confacente, ivi si fermarono e moltiplicarono, e l'appellarono Forio.
Irruppero i barbari, queste pianure furono devastate, i superstiti si ricoverarono sui monti e sulle colline.
Coi Normanni e coi Svevi rimase l'isola immiserita, e ci˜ non pertanto i Soriani erigevano chiese, e si moltiplicarono, fornendo prova di costanza e valore indominabile.
Succedette la dinastia Angioina, la Sicilia si commoveva al Vespro, ed i figli de'Siciliani tumultuavano anch'essi, gridando per queste pianure: fuori i Francesi.
La fertilità del luogo piacque ai nuovi usurpatori, e mentre i soldatati di Carlo II devastavano questi campi, gli antichi coloni non si allontanano, con l'eruzione del 1301.
Ma ritornano nel 1305 e soddisfacendo voti, per non essere stati danneggiati nella proprietà e nella persona, dal fuoco dell'eruzione del Cremato, costruiscono chiese e cappelle a S. Antonio Abate.
Gli Spagnoli sopravvengono con gli Aragonesi, e Catalani, e Siciliani corrono a dissodare od occupare questi vigneti e quindi Lopez, i Galiz, i Jonchez si piantano qui e con loro i Corsi da Corsica, e poi altri da Malta, che prendono pure il casato dal luogo natio e diconsi i maltesi, altri da Matera in Puglia, e prendono il cognome di Mattera, o Matarese, altri da Sorrento, da Amalfi, dalla Toscana, e sono i Sorrentino, gli Amalfitano, i Fiorentino, costoro col loro casato danno nome ai primi vichi detti anche oggi Casa Jonchese, Casa Corso, Casa Calise, Casa Mattera, Casa Maltese, Casa Fiorentino.
Ischia
Il centro principale, sorge ove anticamente era il Borgo di Gelso, contrada così chiamata, perché piantata a gelseti, all'ombra dei quali alberi nei giorni estivi si congregavano gli abitanti della città nelle ore di passeggio.
Quel borgo era negli antichi tempi abitati da marinai e pescatori, i quali a causa del loro mestiere non potevano abitualmente restar ricoverati nella chiusa città; ma del pari non potevano allontanarsi per le frequenti incursioni barbariche.
Amene campagne, fertili giardini, si estendevano all'intorno di quest'antico borgo, che gradatamente vide sorgersi d'intorno dei nuovi fabbricati, non più modesti ed incomodi; ma sontuosi ed architettonici, frutto della crescente agiatezza dei suoi abitanti.
Cresciuta la popolazione, crebbe il bisogno d'ingrandire la borgata, sia di caseggiati, sia degli altri comodi di vita.
Frutto del commercio, opera del ceto dei marinai, fu l'incremento del Borgo di Gelso, che ben presto si trasformò in polposa contrada, dove furono eretti templi, monasteri, ospedali. Fontane pubbliche, piazze, marine; l'una dalla parte sud-est pel ceto dei pescatori, l'altra dal lato nord-est del ceto dei marinai.
Quando il castello finì di essere la città dell'isola, divenne questo borgo, il centro principale del comune, ed ivi si riconcentrarono le autorità ecclesiastiche, e le militari dell'isola.
Questo centro principale del Comune d'Ischia si estende su di una spaziosa lingua di terra, bagnata a N.E. dal mare, per tutta la sua lunghezza: dal lato opposto è fiancheggiata da fabbricati decenti ed eleganti, dietro ai quali s'innalzano le ridenti colline di Sorezzano e del Procidano, abbellite da graziosi casini. Ischia ha poche strade interne: l'una rimarchevole per la sua estensione e larghezza, e quella di principio dal ponte dove prende capo l'istmo artificiale del castello e si prolunga fino al punto così detto terrazappata, dove volgendo a destra prosegue il suo corso verso la Mandra, il Cremato, Villa de'Bagni. A sinistra va a perdersi, dopo aver percorso la contrada Casa-Lauro, negli angusti e campestri sentieri di S. Giacomo e del Mandarino.
La traversa Puzzolana conduce alla Villa di Campagnano, ed alle campagne prossime, ai comuni di Testaccio, Barano, etc.
Spaziosa, comoda e ben lastricata è la piazza di questo Comune; essa è il centro di tutte le operazioni, il luogo di consegna di tutti i paesani ed i borghesi, sia che abitano nel centro principale, sia che ascendano dai paesi rurali. Decenti sono la maggior parte dei fabbricati del Comune d'Ischia.
Il Seminario fu aperto alla clericale istruzione fino al 1806 e servì per quartiere alla guarnigione della piazza. Nel 1844 fu riaperto, fu soppresso definitivamente nel 1865.
I migliori palazzi che s'incontrano sulla strada maestra, sono quelli dei signori Lauro, Califano, Lanfreschi, Morioni, de Luca, Mirabella, ed altri in costruzione, o recenti, o da noi dimenticati.
L'antico palazzo vescovile, un convento, e gli avanzi di stabilimenti pubblici e privati, da molti anni sono abbandonati e distrutti, non quivi abitano più isolani, o borghesi, perché conforma più parte del territorio d'Ischia, essendo divenuto luogo demaniale.
Alla sommità della rocca era acquartierata la guarigione dei veterani, dei quali appena nove ce ne son rimasti.
Al piede della rocca vi era un tempo una batteria a fior d'acqua.
Dal ponte levatoio, ove la prima porta saracinesca, alla cittadella, vi è una salita di circa un chilometro e metri 250 a forma di spira.Per la lunghezza di 500 piedi è scavata nella roccia, formante una galleria coverta di 22 piedi di larghezza, su venti d'altezza.
Nel XV secolo si riguardava come fortezza inespugnabile.
Questo castello fu edificato dai soldati di Gerone, quando scacciato i Cumani rivoltosi, rimasero essi ad occupar quest'isola verso l'anno 474 A.E.V. Fu chiamato Castel-Gerone, o Castel-Geronda e anche l'isola di Gerone. Fu poi detto Ischia e Ischia Minore.
Nei primi tempi vi si saliva dalla parte del mare.
Caduto il Castello in potere d'Alfonso I, questi vi fece scavare a forza di scalpelli una strada tanto larga, che due carri si potevano incontrare: levò ogni esterna comunicazione, e dalla parte di fuori s'assicurò con rupi e scogli inaccessibili, fossi, baluardi, muri e porte di ferro, indi gli impose il nome di Regium Castrum Isclae.
Alfonso stesso popolò questo recinto in una colonia composta di 300 suoi fidi, ai quali maritò le donne degli espulsi combattenti. Da quell'epoca la rocca prese il nome di terra, o Cittadella indi di Città dell'Isola.
Per rendere più sicura la nascente cittadella, e per congiungerla in un modo stabile all'isola, Alfonso I, pubblicò nel 1433 o 35 quel regio editto, riportato nella Seconda Parte di quella storia, che stabiliva la dogana accennata: fece congiungere la cittadella all'isola, con un istmo artificiale, formato di solidi ponti fra le onde e gli scogli; converto di pietre di basalto, e garantito da scogliere, il quale serviva ancora per riparare i piccoli legni che in tempi burrascosi si ricoveravano nel seno della marina di S.Anna.
Durante la signoria dei reali Aragonesi questo castello fu illustrato sia da fatti di valore, sia dalle dimore d'illustri e nobili personaggi.
Il Castello quando era la città dell'isola, arrivò a contenere una popolazione di 1892 famiglie, come attesta Giovannandrea d'Aloysio, per averlo ricavato dal censo del regno compilatosi nell'anno 1757.
Quivi allora era tutto riconcentrato, nobiltà, borghesia, clero, truppa, autorità, uffizi pubblici, chiese, monasteri, cattedrali, officine. L'isola d'Ischia era deserta sterile ed abbandonata. In qualche spiaggia, o collina si era aglomerata qualche villa, terra o casale, abitate da contadini, o agricoltori, o trafficanti, o pescatori, e pochi possidenti.
Nel secolo passato gli abitanti della città d'Ischia cominciarono a concentrarsi sulla collina oggi detta dei Cittadini di Casamicciola, ed in questi punti innalzarono ville e casini, palazzi, e chiese.
Alla fine del secolo XVIII tutti gli abitanti ne uscirono, la città rimase confusa col castello, e tutto ciò costituì la fortezza d'Ischia, occupata dalla guarnigione di veterani, e di marinari cannonieri.