Epomeo e dintorni
DI CIRO CENATIEMPO
La foto del gufo di palude che è in copertina, l’ho scattata alla Pietra dell’Acqua, sulla direttrice sud-nord, tra questo luogo vitale per la storia umana insulare e la punta più alta del Monte Epomeo, che sta a 789 metri sul livello della battigia. Ho seguito il «giovin signore» volatile e pomeridiano per pochi minuti, l’ho catturato in sette immagini in sequenza, controvento e a distanza, poi mi sono avvicinato e zac!, si è messo addirittura in posa sulla sua roccia preferita, con – alle spalle – la silhouette dell’isola Azzurra.
Dopo tre secondi è volato via. Ha roteato il collo - in cenno di saluto? - con calma, ciondolando a mezz’aria tra arbusti e ginestre, prima di appoggiarsi su un ciliegio più in basso. L’incontro ravvicinato è il pre-testo. Racchiude il compimento di un’altra narrazione necessaria, dedicata alla vetta ischitana e ai dintorni, corollario entusiasmante di colline che celebrano habitat e culture proteiformi, giochi pirotecnici di diversità. Occorrono sguardi attenti e desideri sostanziosi, per comprende differenze e segreti, evidenze e misteri. Ecco perché scaliamo l’Epomeo, anzi gli «epomei». La radice grecanica della parola lo spiega: è «lui» che tutto «vede» e, allo stesso tempo, «conosce», osservando. Più lo vivo, più mi entusiasmo.
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