Le forme dell'acqua e dell'amore
Le forme dell'acqua e dell'amore
DI CIRO CENATIEMPO
Il principio della «rarità dell’acqua» ha caratterizzato gli studi sull’evoluzione tecnica dell’umanità. Ha tracciato un confine - che risale a due secoli fa - tra il prima e il dopo la disponibilità di massa del liquido più prezioso che ci sia. Questa attenzione è tornata d’attualità, oltre che di moda, anche se nel frattempo si è introdotto uno slittamento di significato: dalla rarità si è passati alla «scarsità». La Grande Sete, come la plastificazione degli oceani, è lo spettro contemporaneo che s’aggira per il pianeta, mentre si esplorano – guarda un po’ – i ghiacci di Marte. Un sottile turbamento attraversa la nostra consapevolezza, e non basta l’ombrello più largo della (forse) crescente lotta ai cambiamenti climatici, per evitarlo.
FONTANE E CITTADINANZA GLOBALE
In questo numero non possiamo occuparci di questi temi. Ma, tenendoli sullo sfondo, è attraverso un rapido excursus tra alcune «forme dell’acqua», che ci proponiamo di raccontare ulteriori spicchi di meraviglia e bellezza che caratterizzano l’isola d’Ischia. Un’isola che ha smesso gli abiti logori dell’insularità romantica, per entrare – più ricca - a fare acquisti nella boutique della cittadinanza globale del turismo e della modernità. Ed è bastato un gesto liberatorio: piegare leggermente la testa sotto una fontanina pubblica, semplicemente per bere senza fatica. Fontana è una parola che deve un tributo di significato all’antichità, da non dimenticare: «spargere, diffondere», finalmente per tutti. Oggi diremmo anche: «senza sprecare troppo…». Sembra curioso, ma la mutazione è avvenuta grazie a quelle lunghissime bretelle nascoste, i tubi fissati ai fondali del golfo partenopeo che garantiscono - dal 9 novembre del 1958, e pare chissà quando - l’approvvigionamento idrico all’isola senza soluzione di continuità. Fu una rivoluzione che l’ha definitivamente legata alla terraferma. Fino a qualche anno prima, l’unico fluido potabile davvero abbondante era… il vino: se ne producevano milioni di litri e, una volta, quello in eccedenza fu utilizzato per creare la malta necessaria a erigere un muro e un arco, su in collina, a Murupane, le cosiddette «terre alte» dei Greci. Da allora, lo slittamento storico e sostanziale, esistenziale, etico ed estetico, non ha però inciso sulla imago acquatica identitaria di Ischia: al di qua dell’orizzonte marino salato, è fin troppo facile evocare quanta varietà, nelle vene vulcaniche isolane, scorra di fluidi termali e ipertermali; o minerali, dolci, tra fonti chiare, tiepide e solo un po’ sapide che affiorano creando oasi di vitalità, esemplari per bellezza e funzionalità.
GIOCOSA LIBERTÀ
Benefiche, salutari, curative, medicamentose, magiche, purificatrici, miracolose? Trovate pure gli aggettivi che più vi attirano, per descrivere le acque – e le località - che conservano virtù millenarie tra paesaggi assolati, calanchi e burroni, valli segrete e boschi magnifici. Qualsiasi definizione va bene comunque, a patto che possa far (ri) sgorgare un motivo di rinnovata giocosa libertà, espressa nell’immagine di copertina di questo numero, per me necessaria a riconsiderare e istintivamente tutelare l’isola come unica e irripetibile in termini culturali, geografici. Ce lo ricorda un bassorilievo marmoreo romano del primo secolo dopo Cristo, le «Tre Ninfe», conservato nello stupendo museo Hermitage di San Pietroburgo (lo vedete nella pagina qui a fianco): è approdato da quelle parti dopo un percorso avventuroso che è partito dalla sorgente di Nitrodi, al centro della mappa ischitana, ed è passato per l’Inghilterra, tra ritrovamenti, vascelli, naufragi, collezioni, fino al banchiere antiquario John Lyde-Brown, direttore della Bank of England e membro della London’s Society of Antiquarians che cedette nel 1787 i suoi pezzi preziosi a Caterina II la Grande di Russia… È un’icona votiva, esotica, anche erotica, una promessa di «bellessere» senza tempo. Potente e avvolgente, come le forme dell’amore nell’acqua.
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