Pasqua ad Ischia
L'evento centrale della cristianità, la Pasqua, Cristo muore e risorge. E con Lui, la natura tutta. La Pasqua, infatti, è legata a una data mobile del calendario - la prima domenica dopo la prima luna piena successiva all'equinozio di primavera - poiché coincide col fiorire della bella stagione e vanta venerazioni antichissime, legate al passaggio dell'inverno e al "risveglio" del sole. Noi, ad Ischia, che viviamo di turismo, siamo coinvolti fino al punto che agganciamo alle festività pasquali la riapertura di tutti gli esercizi alberghieri, confondendo un poco sacro e profano.
Meno male che i riti pasquali sono ben radicati nella tradizione cristiana e nella fede schietta e sedimentata della gente d’Ischia.
E così ogni Chiesa ed ogni Parrocchia celebra la sua Pasqua chiamando i fedeli a raccolta nello svolgimento dei sacri riti. Le congreghe, nell’isola ve ne sono tre, dislocate tra Ischia, Forio e Testaccio, sotto il titolo di Santa Maria di Costantinopoli, sono depositarie della ritualità più ‘ortodossa’ ed operano sotto lo sguardo benigno e severo della Cattedrale, la ‘Casa del Vescovo’.
Proprio in essa si svolgono le celebrazioni Diocesane a partire dalla liturgia del tardo pomeriggio del Giovedì Santo: la Messa in Cena Domini che inaugura il Triduo pasquale dandogli solenne inizio. Sarà il Vescovo d’Ischia, S.E. Filippo Strofaldi, ad officiare, a presentare gli olii benedetti la mattina durante la messa crismale, a recitare il Gloria con il suono delle campane e dell’organo (le prime saranno legate e l’organo rimarrà in silenzio fino al Gloria della veglia pasquale) e poi il rito della lavanda dei piedi quando con questo gesto di estrema umiltà Gesù consegnò ai discepoli il comandamento dell’amore che è la base della religione cattolica: 'Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi’.
Quando nei tempi andati si ‘sparava la Gloria’ i giovincelli lasciavano andar via gli uccelletti che avevano catturato con ‘le trappolelle’: erano i primi ‘culbianchi di San Martino, le codirosse e qualche petarozzola’ che lasciata l’Africa, nelle loro periodiche migrazioni, davano il proprio contributo alla gloria del Signore.
Il Venerdì Santo, secondo giorno del triduo, nella antica Cattedrale di Ischia sorta incorporando il cinquecentesco convento del agostiniani, il Vescovo commemorerà la Passione e la Crocifissione di Gesù Cristo. Il sabato sarà giorno di silenzio e di meditazione fino alla veglia notturna.
E’ finalmente Pasqua: si ‘tralascia’ il dolore per immergersi nella gioia. Per la verità si tralascia anche il ricordo dell’astinenza per far spazio alle ricette pasquali. Qui da noi come in tutto il napoletano il ‘tortano’ è il re di Pasqua e dire che…
‘era na torta ch’era asciuta male:
nu poc’e nzogna, cicule e maiale,
‘o lievito, a farina, e un buco in mezzo.
Na’ torta appezzottata, ‘e poco prezzo.
Venne Pasqua, Gesù resuscitato,
s’accurgette di quant’era affamato.
“Guagliò, stongo dijuno a viernarì:
aggia mangià, sinno torn’a murì!
Se po sapè ch’era chesta ciambella?
A vederla nun pare troppo bella,
ma è bona! Tene proprio un gran sapore!
‘A voglio tutta, e po’ ne voglio ancore.
Stu tortano difietti nun ne tene:
l’aggià truvà pure l’anno che vene!
E, finalmente, il lunedì dell’angelo consacrato alle gite in campagna, ma quest’anno le spiagge saranno affollate per il primi bagni di stagione. Chi vorrà chiudere la feste nella maniera più rituale ma anche originale deve correre a Forio per partecipare, al volgere della mattinata, alla corsa dell’Angelo che è la più bella e sacra rappresentazione dell’intera isola.
Coinvolge tutto il paese in un’apoteosi intensa ed emozionante che mischia curiosamente motivi mistici e pagani pieni di superstizione e leggende. I ‘coreuti’, che si appoggiano ai due princìpi del corso, sono contadini e pescatori intonanti il ‘Regina Coeli’ con le loro voci poderoose, ammaccano un latino popolare (quel sicut, sicut dixit viene storpiato in un sicute, sicute, sicute) ma così fascinoso. Poi il rituale degli inchini, le corse da un capo all’altro della strada ed infine il momento più struggente dell’intera sacra rappresentazione: la Madonna disvelata. Con un rapido gesto alla Madonna vien fatto cadere il velo che le ricopriva il volto che può, infine, gioire perché il Figlio è resuscitato dai morti. Questo è il modesto racconto di un testimone che non vi ha saputo comunicare il pathos della rappresentazione. Vi invito, perciò, amici che mi leggete: correte a Forio, e sul vostro volto e nei vostri cuori in un turbinio di emozioni si avvicenderanno il dolore e la gioia. E riuscirete voi a piangere ed a sorridere allo stesso tempo.