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‘O FRUTTAJOULE
                                                 La seconda tappa è da  Gennarino,
                                                 il fruttivendolo. Lui non è un
                                                 fruttivendolo qualsiasi. Da lui in
                                                 questo dicembre non sentirai odore
                                                 di verdure, né di pesche estive. Lo
                                                 stoccafisso, nelle  spaselle ricolme
                                                 d’acqua, diffonde meglio di ogni altra
                                                 cosa il freddo profumo di una zuppa
                                                 alla procidana. Al suo fianco regna
                                                 la scarola riccia che, meglio di tutte
                                                 le altre, esprime il senso conviviale
                                                 quando  viene  turciuta,  cunciata,
                                                 insieme ai sott’oli, ai pomodori secchi
                                                 e all’olio d’oliva. Ne chiedo subito
                                                 il prezzo: «A quanto  ‘stu stocche?».
                                                 Gennarino mi guarda, non dice nulla
                                                 e mi mette un generoso pezzo in un
                                                 bel  cuoppo di carta rigida bianca.
                                                 Poi lo pesa sulla bilancia e dice: «Fa’
                                                 sedici euro tutte cose!» e, mentre lo
                                                 infila nella borsa, prende subito una
                                                 bella  “cape ‘e laccia”  e  me  la  regala:
                                                 «Cheste ci vo’, è a morta  soja! Ddoie
                                                 pummarullelle ‘e piennolo a inde e…
                                                 va annanze ‘o Re!».

                                                 Il re sono io, che cammino sui basoli,
                                                 con il sole freddo che mi fa chiudere
                                                 gli occhi, con la seconda busta di
                                                 carta in mano nella quale una scella
                                                 di stoccafisso da fare alla procidana
                                                 mi fa volare al pensiero di questa
                                                 sera, a mia moglie.





 DECLINAZIONI. Il “gioco” continua, dal pane agli altri prodotti identitari



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