L’isola Presepe, Scoglio Nello scoglio

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di Isabella Marino

Lo Scoglio. Nelle sue “Rime” è così che la poetessa Vittoria Colonna soleva definire l’isolotto del Castello a cui era legata tanta parte della sua vita. E per gli ischitani è tale, familiarmente, l’intera loro isola, di dura roccia vulcanica modellata dall’azione incessante degli elementi. Entrambe, l’insula minor e la maior, sono riprodotte accuratamente in scala in altri “scogli”, come esperti e appassionati chiamano in gergo i presepi.

 

Strutture complesse, anche di notevoli dimensioni, mutuate dalla ultrasecolare tradizione napoletana di cui rispettano sì l’ispirazione e le tecniche, ma rivisitandole secondo canoni che immediatamente ne identificano l’inconfondibile “stile ischitano”.
Ricavato dall’osservazione e rielaborazione degli elementi caratteristici del territorio. E’ l’isola che si fa presepe, insomma. E lo scoglio naturale di roccia, terra e mare finisce racchiuso nello scoglio di cartapesta, sughero e muschio. Proposto in tante versioni, sempre originali, nelle chiese, nei borghi, nelle case. In un continuo dialogo e confronto tra gli scorci ammirati all’esterno e i particolari delle accurate scenografie presepiali all’interno. MONUMENTI E SIMBOLI Irrinunciabile è la presenza del Castello Aragonese. Nei presepi ischitani è un elemento distintivo non meno di quanto lo è dell’isola nella realtà. L’antica città d’Ischia, arroccata sul duomo di lava che s’innalza dal mare nella baia di Sant’Anna, è stata per secoli il fulcro delle vicende storiche dell’intero golfo e del regno di Napoli. Oltre a essere stata in alcuni periodi, grazie ad artisti e letterati come Vittoria Colonna, un punto di riferimento della cultura italiana e europea. Preziose testimonianze storico-artistiche dal passato s’incontrano lì, tra le possenti fortificazioni aragonesi, con un paesaggio di struggente bellezza, a generare un’oasi che non risparmia suggestioni ed emozioni ai suoi visitatori in ogni stagione. Anche in pieno inverno, quando gli aloe iniziano a pennellare di vivace arancione le rupi dove nidificano i gabbiani. Dall’isolotto fortezza dietro il quale sorge il sole alla torre fortificata che guarda il tramonto. Il Torrione, il severo edificio circolare che con le altre torri cittadine ha protetto per secoli Forio e la sua gente dalle incursioni saracene, domina la scena. Lungo la costa dell’isola reale come nello scoglio di Natale, che reinterpreta le distanze spaziali e temporali in una sintesi creativa dell’intero territorio isolano. E infatti, non di rado, si affianca alla torre museo l’altro simbolo di Forio, capolavoro d’arte tra cielo e mare: la chiesa di Santa Maria della Neve, meglio nota come il Soccorso. Candido modello di architettura mediterranea proteso sull’infinito, è uno scrigno di pregevoli opere d’arte, dalla caratteristica decorazione a maiolica del sagrato ai bassorilievi marmorei medievali che, all’interno, si accompagnano al Crocifisso ligneo del XVI secolo. PARRACINE IN MINIATURA Se i principali monumenti identificano immediatamente la particolare ambientazione del presepe ischitano, la narrazione dell’identità dell’isola nella sua ambivalenza tra mare e terra è affidata alla ricostruzione, attenta e particolareggiata, dei paesaggi, con una grande cura per la loro varietà e per gli elementi antropologici che più profondamente e autenticamente li connotano. Il mare è sempre sullo sfondo, come nella realtà punto di arrivo di ogni percorso, sorprendente rivelazione per lo sguardo in qualunque direzione sia rivolto. Ma è la terra che occupa gran parte della scena. Con le sue alture, le valli, le rocce verdeggianti e le asperità che l’azione millenaria dell’uomo è riuscita a domare. Petrella su petrella, incastrate tra loro secondo l’antichissima tecnica di costruzione che ha reso coltivabili le colline ischitane, si sviluppano le parracine in miniatura come i modelli naturali, che si estendono per chilometri fin nelle zone più impervie del ventre e dei contorni dell’isola. E anche nel presepe il verde, con tutte le sue sfumature, è il colore dominante: quello, unico al mondo, della pietra dell’Epomeo usata per le parracine, che ha dato il nome all’Isola Verde, e quello dei boschi e delle coltivazioni che fasciano i fianchi delle colline. I filari di viti sorrette dai pali di castagno sono ovunque, sullo scoglioisola e sullo scoglio-presepe. Dove sono riprodotte anche le cantine scavate nella pietra, i palmenti e gli attrezzi antichi della lavorazione dell’uva. testimoniare con orgoglio la cultura del vino che si tramanda dall’VIII secolo a.C. sulla prima colonia greca in Occidente, da dove si trasmise a tutti gli altri popoli della Penisola. A completare il paesaggio rurale, le case scavate nella pietra, nel segreto dei boschi, quando gli ischitani cercavano rifugio dalle continue scorrerie dei pirati nei villaggi costieri. E le case coloniche, ispiratrici dei tanti artisti approdati a Ischia all’epoca del Grand Tour, con i caratteristici tetti a “carusiello”, la cupola costruita pestando i lapilli vulcanici: un’opera corale, “’a vattuta ‘e l’asteco”, che impegnava come un rito profano, codificato nei particolari, intere contrade. Con un’allegra festa finale, che non di rado è riproposta negli “scogli” ischitani. L’ACQUA CHE SCORRE C’è sempre acqua che scorre nei presepi. Il fiume innanzitutto, con la sua forte carica simbolica di elemento di passaggio tra la vita e la morte, sottolineata solitamente dalla presenza di un ponte. A Ischia non c’è un fiume, ma l’acqua non manca. Quella sottoterra, dell’immenso bacino termale che ha reso l’isola famosa nel mondo, e quella, dolce, delle sorgenti che hanno reso possibile l’insediamento umano fin dall’antichità. Ci si ispira spesso a Nitrodi, la fonte delle ninfe sacre ad Apollo, le cui proprietà medicamentose erano già note e ampiamente sfruttate dai Romani. Ma la ricostruzione ricorrente dell’acquedotto cosiddetto dei Pilastri, che segna il confine tra Ischia e Barano, riporta alla sorgente di Buceto, nel cuore verde e selvaggio dell’isola, tra i fitti castagneti che accompagnano uno dei percorsi naturalistici più appassionanti. Acqua preziosa, che grazie all’acquedotto costruito dal 1590, ottant’anni dopo raggiunse il borgo di Ischia Ponte, dirimpettaio del Castello sull’insula maior. LE FINESTRE APERTE DEI BORGHI Come vuole la tradizione napoletana, la vita quotidiana degli uomini impegnati nelle più varie attività, tutte fortemente simboliche ed evocative dei vari periodi dell’anno, è parte integrante della ricostruzione del presepe, solitamente collocata nella parte centrale della costruzione, in posizione strategica per indirizzare lo sguardo sulla scena principale della Natività. Il presepe ischitano rispetta pienamente questa impostazione con tutti i significati che sottende, ma non trascura di rielaborarla, per renderla più fedele all’ambiente isolano. E, dunque, si ispira ai borghi di mare e di terra, ricavandone gli elementi comuni e ricorrenti per ricreare il borgo protagonista dello “scoglio”. Con le botteghe degli artigiani al lavoro e dei venditori che espongono i prodotti tipici dell’agricoltura e della pesca. E con l’immancabile taverna, la fontana e il lavatoio, il forno con il pane appena sfornato e i crocchi di uomini e donne che lavorano, discutono, contrattano. E poi ci sono le case, che spiccano con i muri rosa, gialli, bianchi e i balconcini di ferro battuto, abbelliti dai pendoli di pomodori e dai panari di giunco. Come quelli che si incontrano nei vicoli di Ischia Ponte, nel cuore di Lacco Ameno e di Forio, a Buonopane, a Panza e nei piccoli centri abbarbicati sui fianchi delle colline e giù fino a Sant’Angelo, nel grumo di case affacciate sull’isolotto della Torre. Case antiche, con tanti archi e le caratteristiche scale esterne “a collo d’oca”, ancora oggi elementi distintivi dell’architettura tipica ischitana che il presepe custodisce e rilancia. Tante finestre in quelle case, aperte per far entrare il sole, anche d’inverno. La maestria del presepista riproduce arredi e oggetti d’epoca. Cuscini appena sprimacciati sui letti, coperte ricamate e perfino le riggiole dipinte dei pavimenti che, come le anfore per l’acqua, evocano la storia ultramillenaria delle produzioni ceramiche ischitane, dall’epoca di Pithekoussai e dei suoi rinomati vasai, i primi a firmare i loro prodotti diffusi in tutto il Mediterraneo. L’EPOMEO AL CENTRO DELLA STORIA A dominare lo “scoglio” natalizio, c’è il monumento naturale più imponente, che sovrasta l’isola e ne governa i delicati equilibri: l’Epomeo. Gli elementi si sono sbizzarriti a modellarlo nel tempo e i maestri presepisti raccolgono ogni anno la sfida di riprodurre meraviglie come i Pizzi Bianchi, canali, forre e massi di pietra dalle più varie forme, fino alla vetta, maestosa contro il cielo azzurro. Lì, nel luogo più amato e più raccontato dai visitatori forestieri di ogni epoca, è scavato nella roccia viva l’antico eremo con la chiesetta dedicata a San Nicola. L’ideale cornice, semplice e solenne, della Natività. Dove la notte stellata potrebbe riservare anche la sorpresa di una cometa. Prima che i delicati bagliori di luce dell’alba annuncino la nascita di un nuovo giorno. abilissimo a plasmare figure in terracotta e diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio.

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Info su Ischia

  • Superficie: 46 Kmq
  • Altezza: 789 mt
  • Lat.: 40° 44',82 N
  • Long.: 13° 56',58 E
  • Periplo: 18 miglia
  • Coste: 51.2 Km
  • Comuni: 6
  • Abitanti: 58.029

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