I misteri della Torre Guevara

I misteri della Torre Guevara

Pur essendo ischitano, e di famiglia che vive sull’isola da molti secoli, non conoscevo la torre di Sant’Anna. L’edificio era stato il grande interesse di Giorgio Brandi, che aveva promosso i primi restauri e le prestigiose mostre che il Circolo Sadoul vi aveva localizzato (citerò solo quella per i cinquanta anni di attività di Arnaldo Pomodoro, uno dei più grandi scultori viventi: l’artista era rimasto entusiasta del sito).
Da ischitano mi sorprendevo, e tuttora mi sorprendo, per la mancata valorizzazione di quello che è il più importante monumento di Ischia (dopo il castello, che però è privato).

 

OGNI VOLTA CHE, PER QUALCHE MANIFESTAZIONE, APRIAMO LA PORTA DELLA TORRE AFFLUISCONO NUMEROSI VISITATORI, SBALORDITI PER LA BELLEZZA DEL SITO E PIÙ ANCORA PER IL FATTO CHE LA SUA FRUIZIONE SIA EPISODICA E NON PROGRAMMATA.

 

I commenti che – in una quindicina di lingue - raccogliamo sul registro dei visitatori esprimono riconoscenza ed entusiasmo per l’opera di valorizzazione del cespite che il Circolo Sadoul porta avanti fin dal 1991.
Una svolta nella storia di incuria e degrado della torre, si è avuta con la sottoscrizione della convenzione tra il circolo, la Facoltà di Conservazione e Restauro delle pitture murali e delle superfici architettoniche dell’Università di Dresda che cura i restauri; la Soprintendenza e il Comune. Grazie all’appassionato lavoro di un plotone di esperti tedeschi capitanati dal professore Thomas Danzl sono state eseguite molte analisi che hanno portato alla rimozione di una ventina di strati di pittura che ricoprivano i disegni murali di una delle sale del primo piano della Torre.


La famiglia Guevara, che ha fatto costruire l’edificio e il sottostante “giardino delle delizie” decorandolo con i motivi ornamentali più
alla moda nel sedicesimo secolo, ha utilizzato questo palazzo dalle origini alla metà dell’800, quando una improvvida decisione dell’amministrazione comunale – la localizzazione del cimitero dei colerosi quasi sotto le finestre del duca Guevara di Bovino - determinò lo sdegno della famiglia, che abbandonò definitivamente la torre.
Dal “descialbo” degli strati di pittura sovrapposti ai disegni originari (che si conservano intatti nella stanza adiacente) sono emersi – in quattro anni di lavori di restauro - gli stemmi della famiglia, decorazioni grottesche di autori fiamminghi (amatissimi da Alfonso il Magnanimo e poi da Filippo II di Spagna) e scene di difficile interpretazione, che mi hanno costretto a lunghe ricerche.


Credo di poter dire con sufficiente certezza che una scena, raffigurante un combattimento contro i mori, rappresenti una importantissima battaglia del tredicesimo secolo (un quadro simile al disegno ischitano è esposto al Senato di Madrid e le catene spezzate citate nella nostra torre sono tuttora presenti nella bandiera spagnola!).
Una seconda scena è stata molto più complicata da interpretare: rappresentava un manipolo di cavalieri e due nobili che si abbracciavano. Uno era definito “Guidone, figlio del duca” e l’altro “Duca di Bretagna”. La scoperta di questo disegno, peraltro documentata in un video diffuso in rete, ci lasciò a bocca aperta.
Primo, perché il nome di Guidone non figura in nessuna genealogia della famiglia, secondo perché il riferimento alla Bretagna ci era oscuro. Iniziai allora un lungo lavoro di ricerca sui testi medievali spagnoli ed italiani e capii che i Guevara si vantavano di discendere da un cavaliere venuto dalla Bretagna. In Spagna tutti gli autori riferivano però un nome diverso da quello trovato nella nostra torre e i miei contatti con studiosi baschi non fornivano alcuna notizia su questo Guidone.
Alla fine l’ho trovato, in un testo del seicento di un cronista napoletano, che parla di un capostipite dei Guevara di nome ma soprattutto ci fa capire che – con quella scena - la famiglia voleva vantare la discendenza da Orlando, il paladino parente di Carlo Magno, collegandosi anche alla casata dell’Imperatore Carlo V. E tutto questo risulta solo dai disegni della torre, che diventano così molto importanti per i genealogisti italiani e spagnoli.


Rimaneva il problema di capire perché fossero stati coperti, con molti strati di nuove decorazioni, solo i disegni di una sala e non dell’altra, dove c’è una importante scena che raffigura un eroe che sposa una vergine in groppa a un unicorno e un’altra con una incantevole rappresentazione di come era Ischia nel Rinascimento.
Avevo pensato che lo strato di calce che aveva cancellato le preziose decorazioni di una sala fossero state motivato da ragioni igieniche (con la calce infatti si sterilizzavano gli ambienti dopo un decesso di un familiare per peste o altra gravissima malattia).
Quasi certamente si tratta di Andrea d’Avalos principe di Montesarchio, marito di una Guevara sorella del quarto duca di Bovino. Andrea fu accusato di aver permesso che i francesi occupassero Procida e fu mandato sotto processo dal viceré Guevara conte di Ognate. Il viceré riuscì a far condannare a morte i complici del principe, ma Andrea – per intervento reale - scampò al patibolo e fu esiliato in Spagna. Se siconsidera che i disegni che abbiamo riportato alla luce erano tutti in onore dei Guevara, e in particolare dei conti di Ognate, si può capire il fastidio che il principe provava nel trovarsi in salotto la glorificazione di colui che lo voleva morto.


La figlia del principe sposò un altro duca Guevara e riportò in famiglia la nostra torre, che continua a fornirci notizie inaspettate e – per me - nuovi mal di testa per decifrare i misteri che continuamente vengono alla luce.
Continueremo perciò – noi del Circolo Sadoul e l’Università di Dresda - a cercare di riportare la torre ai primitivi splendori: lo dobbiamo ai nostri concittadini e ai turisti desiderosi di trovare nuovi motivi per amare la nostra isola.

 di Rosario de Laurentiis

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