Al Castello Aragonese - sabato 18 settembre alle ore 21 "Giungla"
«È una sera d’autunno, piove, la stazione centrale di Milano è piena di pendolari che tornano a casa dal lavoro. In mezzo alla folla, come se fossero invisibili si muovono otto… dieci ragazzini stranieri di età diverse. Sono guidati da un uomo con un lungo cappotto, una finta pelliccia di tigre, è Sherekhan il trafficante di bambini.
Mentre il gruppo si dirige verso l’uscita uno dei ragazzi scappa nei sotterranei della stazione, si chiama Muli e non vuole più essere costretto sotto la minaccia delle botte a rubare e a mendicare per Sherekhan.
La giungla di Muli è la grande stazione centrale, con i suoi anfratti, i sottopassaggi bui e umidi, dentro cui si muove una umanità con regole di convivenza diverse, dove la legge del più forte è un principio assoluto.
Ma in questo contesto “selvaggio”, Muli riuscirà ad aiutare i suoi amici, e troverà amici veri che lo aiuteranno a fermare Sherekhan».
I personaggi del racconto si ispirano ai personaggi del “Libro della Giungla” capolavoro di R. Kipling: c’è Baloon, un barbone che vive nei sottopassaggi, Bagheera la pantera e Sherekhan la tigre. Sono i protagonisti di una soirée che affronta diversi temi, la solidarietà e l’indifferenza, l’amicizia e la generosità, il coraggio ma anche e soprattutto lo sfruttamento minorile, i pregiudizi, la discriminazione di fronte ai diritti dell’uomo e a quelli dei bambini.
In scena c’è Roberto Anglisani, già indimenticabile protagonista dello spettacolo ”La Conquista del Cervino”, che riesce a creare con la forza della parola e del corpo un racconto emozionante, dove le immagini si snodano come in un film d’avventura. La produzione ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica ed è stata insignita del Premio Enriquez come miglior spettacolo di impegno civile, mentre il testo dello spettacolo è stato pubblicato in volume da Rizzoli. L’idea rientra in un progetto dal titolo “Storie per il sociale-Teatro Di-Verso” avviato in Valle d’Aosta in collaborazione con l’assessorato alla Sanità e ai Servizi sociali.
La prospettiva? Parlare di problemi sociali in modo coinvolgente, per sensibilizzare e far riflettere, ma anche per comunicare soluzioni già in atto e percorsi possibili. Grazie alle potenzialità comunicative del linguaggio teatrale si veicolano temi difficili che affliggono la nostra società: i diritti dell’infanzia e la diversità, il bullismo e lo sfruttamento minorile. L’obiettivo è catturare l’attenzione del pubblico e sollevare il dibattito su questi temi; perché la soluzione ai problemi inizia dalla presa di coscienza del problema stesso.
«Continua con questo spettacolo la mia volontà – spiega Livio Viano - di avvicinare due culture diverse, ma molto vicine tra di loro.
La collaborazione con Nicola Mattera è per me emozionante. L’obiettivo è cercare insieme un linguaggio teatrale che possa avvicinare il mio Teatro e il suo magico Castello. Il mio amore per Ischia non si ferma mai».
Livio Viano
Direttore artistico teatro d’Aosta. Inizia la propria formazione nel 1972 al Teatro di Roma al fianco di Franco Enriquez, e successivamente lavora con grandi e importanti nomi del teatro italiano: Salvo Randone, Valeria Moriconi, Glauco Mauri, Tino Buazzelli e Giancarlo Cobelli. Nel 1977 fonda il Teatro d’Aosta (ex Teatro de piccoli) e si dedica prevalentemente al teatro per l’infanzia e la gioventù, lavorando di preferenza su testi della letteratura per ragazzi, interpretandoli e sviscerandone le componenti più stimolanti. Ultimamente ha dato ampio spazio nella creazione dei suoi spettacoli alla riscoperta e valorizzazione del patrimonio culturale valdostano, attraverso la messa in scena delle biografie di alcuni personaggi che hanno caratterizzato, in maniera diversa, la storia della Valle d’Aosta.
Roberto Anglisani
Autore e interprete
Intorno alla metà degli anni 80 Roberto Anglisani incontra Marco Baliani e assieme a lui trova nel linguaggio della narrazione teatrale la possibilità di mettere a frutto le esperienze fatte durante la sua formazione, da una parte il lavoro sul corpo e la sua espressione e, dall’altra, il lavoro sensoriale e quello sul mondo interiore del personaggio. Anglisani dà vita a una narrazione teatrale che ricorda il cinema. Le sue parole, i suoi gesti evocano nello spettatore immagini tanto concrete da poter essere paragonate a un film.