Museo degli Scavi di Santa Restituta
Ischia è una terra magica, dove storia, mito e natura si incrociano continuamente fino a confondersi. Meta privilegiata del Grand Tour ottocentesco, momento irrinunciabile del programma di formazione di ogni europeo colto e viaggiatore, che in tutte le terre del golfo di Napoli poteva trovare riscontro con i racconti dei classici greci e latini. Non solo mito, ma anche tradizioni e manifestazioni religiose come quelle dedicate, nel mese di maggio, a Santa Restituta, martire africana e patrona dell'isola d'Ischia.
Ed è proprio dalla devozione religiosa che prende vita un piccolo gioiello archeologico degno di attenzione per ogni visitatore attento alla storia e alla identità più profonda dei luoghi: il Museo degli Scavi di Santa Restituta, un complesso sotterraneo dove il processo di musealizzazione è avvenuto nei luoghi stessi del rinvenimento. Siamo nel centro storico del comune di Lacco Ameno, la cui configurazione fisica corrisponde in linea di massima a quella dell'antica Pithekoussai, stanziamento greco risalente all'VIII sec. a.C. dall'impostazione urbanistica ben definita: la necropoli nella valle di San Montano, l'acropoli su monte Vico, il quartiere metallurgico e manifatturiero nell'area degli scavi e sulla collina di Mezzavia, gli approdi commerciali lungo la marina, che allora godeva di ben altri spazi per fenomeni di bradisismo assai diversi da quelli attuali.
Gli Scavi nascono grazie alla passione e alla tenacia di don Pietro Monti, rettore della Chiesa dedicata al culto di Santa Restituta, ma anche a quel pizzico di fortuna che volge a proprio favore le piccole coincidenze della vita. Agli albori degli anni '50, quando si decise di rimuovere le maioliche che, dal 1711, formavano il pavimento della chiesetta, fu scoperto un altro pavimento sottostante a piastrelle maiolicate del 1470. Non era finita: si continuò a scavare e venne alla luce un pavimento di battuto; ancora più sotto, un pavimento romano e tre tombe terragne tardo romane.
Dal quel momento l'esplorazione del suolo non ha più avuto fine.
I lavori di scavo hanno permesso agli studiosi di identificare sia un'area cimiteriale sia un'area "industriale" in cui erano presenti i forni per la cottura della creta. I vasi pitecusani venivano infatti lavorati e cotti proprio in quel punto, per poi essere venduti ed esportati in tutto il Mediterraneo.
È quindi possibile osservare, tra i tanti reperti venuti alla luce, cocci e frammenti di anfore per il vino, monete campane coniate attorno al V sec. a.C., una ricca collezione di amuleti a forma di scarabei importati dal culto egiziano, frammenti di statuette o piatti raffiguranti figure divine come, ad esempio, la Testa della ninfa Aretusa (IV secolo a.C.) e la Testa di Demetra (anch'essa databile al IV secolo a.C.). Il culto di Apollo è testimoniato da una patera (piatto) votiva recante a sbalzo l'immagine del dio disteso dolcemente; quello di Eros da una statuina che lo raffigura in giovane età, nudo, munito di arco, frecce e ali vigorose. E ancora un lekythos d'argilla e vernice nera, un'antefissa in argilla a vernice rossa o addirittura un'arula in marmo bianco levigata a scalpello risalente al III secolo a.C. Segni tangibili del succedersi intrecciato e stratificato delle culture e delle civiltà del passato.
In un angolo degli scavi di Santa Restituta è stato ricostruito anche l'ambiente di una casa tipica pitecusana. I pesi del telaio, quelli che venivano legati alla estremità di ciascun gruppo di fili di ordito, sono originali. In un'urna sono invece collocati piccoli giocattoli di argilla (cavalli, asinelli, barchette, bambole e uccelli) con cui si divertivano i fanciulli del tempo. Come giustamente sottolinea l'archeologo Giorgio Buchner "Oggi scopo dello scavo archeologico scientifico non è più quello di recuperare singoli oggetti di bell'aspetto estetico e di curiosità antiquaria, ma quello di conoscere, attraverso il materiale e altre informazioni raccolte nello scavo, la storia delle popolazioni del passato, intesa non tanto come storia politica di regnanti e di guerre, ma come conoscenza di modi di vita, della struttura sociale degli agglomerati umani, degli scambi commerciali indicati dagli oggetti importati da oltre regioni o esportati, dei vicendevoli influssi intercorsi tra le diverse civiltà".
Uno degli ultimi ritrovamenti è la sala battistero con al centro la vasca circolare, "recintata con muro sopraelevato dal pavimento, rivestita di marmo, munita di tre gradini" per discendere a ricevere il battesimo per immersione. Prova decisiva di un complesso cristiano, il più importante dell'isola e l'unico pronto ad accogliere – forse già intorno alla metà del V sec. d.C - le reliquie di Santa Restituta da Cartagine.
di Gianluca Castagna