Estate in luce: Le fotografie di un maestro
«La fotografia di Enzo Rando è capace di cogliere il respiro millenario dell’isola in cui è nato. Ne esalta l’essenza mediterranea di terra dove la natura e la storia si sono scontrate e incontrate tante e tante volte da generare un’armonia dal conflitto».
«Lo scatto fa da ponte verso un’intuizione dei sensi e rivela l’unità indissolubile dell’uomo con il suo contesto, la sua natura di individuo, cioè di essere “non diviso”. In tal senso è assolutamente “inattuale”. La sua fotografia appartiene a un registro classico, atemporale, metafisico. Il fatto di vederla stagliarsi apollinea su una contemporaneità frenetica, in cui l’arte è essa stessa imbottigliata nelle convulsioni del tempo e del mercato, rappresenta di per sé un evento».
«L’esperienza estetica procurata dalla fotografia di Rando trova, inoltre, molte corrispondenze nella filosofia moderna».
«La luce è sospensione e intuizione».
«È con l’uso del linguaggio non verbale, che ci viene proposta la visione di una realtà che, mantenendo la forma, sfonda l’apparenza del sensibile. La sua poetica sembra rammentare, di fatti, quell’intuizione del “Mundus Imaginalis” (“Mondo immaginale”), descritto da Henry Corbin nel famoso studio sull’esperienza mistica persiana: ovvero, la scoperta di un “luogo-non luogo”, di una porta tra la dimensione fisica e un ordine spiritualmente superiore, nel quale è centrale la beatitudine del mondo».
«L’isola d’Ischia ritratta attraverso angoli, pertugi, distese da naufragio di cielo e di mare, diventa - paradossalmente - un universale, uno spazio privilegiato per l’anima che, nell’atto di osservare quel ritaglio apparentemente arbitrario di realtà, lo vede improvvisamente trasfigurarsi grazie alla luce e all’ombra. Luce e ombra che da fenomeni fisici si tramutano in esperienza interiore».
«E così, il tornare a fotografare a volte per anni gli stessi luoghi, apparentemente familiari (perché, invece, denunciano un’inesauribile alterità), finendo per trarne immagini totalmente diverse, ricorda molto dappresso la scelta di Giorgio Morandi di dipingere sempre gli stessi vasi e bottiglie, resi dalla luce dei suoi pennelli ogni giorno più diversi, più puri e immateriali».
«Ricordando Gaston Bachelard, come per la poesia, «è una metafisica istantanea, è il principio d’una simultaneità essenziale in cui l’essere più disperso, il più disunito, conquista la sua unità».