L'essenziale è visibile agli occhi di Bettina Buttgen

bettina logoAscoltare Bettina Buttgen, poliedrica artista di origini tedesche, è un’occasione imperdibile. Come irrinunciabili sono le sue creazioni. Si tratta di un mondo fatto di lavorati e stoffe, frequenze e vibrazioni che assumono una tonalità materiale e indicano al mondo degli uomini la sorgente d’energia grazie alla quale è possibile rompere la coltre di silenzio e l’ottusità che lo avvolge. Si trova in bilico tra la vita quotidiana, con i suoi ritmi frenetici e schizofrenia diffusa, di stress e normalità spacciata per arte, e il sentirsi a casa. È sufficiente varcare la soglia del suo atelier-laboratorio, che usa per creare con le proprie mani capi a produzione limitata, di fronte al viottolo che conduce alla spiaggia di Cava dell’Isola, a Forio sulla strada principale, per accedere in un luogo perso in chissà quale dimensione.

Un “non luogo” affascinante nel quale una libertà forte e dirompente si rincorre, saltella, rimbalza e s’intreccia con i cinque colori principali declinati in tonalità diverse e disegni, creandone ogni volta nuovi su cui estendere i fili e renderli solco su cui poggiare le parole che trama per raccontare la sua storia.

È qui, in questo spazio di frontiera tra il visibile e l’invisibile, che l’Arte, quella non catalogabile se non con i sensi, assume la forma di produzioni dai colori sgargianti e le declinazioni per mezzo delle quali si manifesta. Costumista, designer, artigiana, esperta d’alta moda. Bettina, che ha cominciato a ricamare sin dall’età di quattro anni e che a cinque filava la lana, è tutto questo e altro ancora. Il rischio di perdersi nella sua dimensione è alto.

Le opere esposte nella bottega posta su due piani in cui s’è trasferita da poco narrano di quell’infinito ermetico in cui luce e ombra fanno capolino allo spettro di colori. In fondo, però, lo sa perfettamente Bettina, si tratta della medesima cerimonia con cui l’energia creativa comunica e si unisce con il mondo terreno per mezzo dell’intuizione.

É arrivata a Ischia nel ’91, Bettina, dopo aver caricato la sua vecchia Renault 4 con l’essenziale e salpare verso un’isola che si apre e si chiude al mondo. È innamorata di Ischia e della sua luce di cui non può più fare a meno. Bettina sa che lì dentro sono contenuti i colori di cui ha bisogno. Una macchina per cucire di oltre mezzo secolo e un forno per render stabili le sfumature su teli e abiti che realizza sono la testimonianza di quel percorso che affrontò più di trent’anni fa alla scoperta, per niente simbolica, di se stessa.

Da allora pur appartenendo al mondo, Bettina, è sempre in viaggio. L’universo che la avvolge la segue durante i suoi spostamenti, dalla Polonia alla Turchia, dall’Italia alla “sua” Germania. Il collegamento intimo e passionale tra lei e la parte che ci appare visibile è vivo nell’entusiasmo dinamico di una qualità densa e carica di significati che cammina con lei. Come il fuoco che imprime nelle sue produzioni e chiude per mezzo di quella “BB” che ne rappresenta la firma e il sigillo.

Ha una sensibilità particolare, Bettina. Nell’ascoltare il processo di materializzazione di collane, anelli, orecchini e gemelli, abiti e foulard, caduti da un cielo inaccessibile a chi non lo frequenta, pensati e tradotti nel linguaggio delle cose materiali, ci si accomoda davanti ad una porta virtuale attraversata dalla certezza che i colori sono scosse interiori palpabili lanciate come dardi da un qualche punto dell’infinito. Arrivano sulla terra tramite un’esplosione dirompente in cui sensi e percezioni e le rispettive realtà si fondono abbracciandosi, restando contaminati dalla costruzione di un racconto sinestetico.

È timida Bettina e ama poco parlare di se. Non ne fa mistero. La sua però è una discrezione speciale che ha il compito di tenere distaccata la sacralità della fase creativa da un cosmo profano destinato, per fortuna, a non dubitare delle sue opere per ornarsi, così, di esecuzioni insolite e originali. Nelle quali i quattro elementi – acqua, terra, aria e fuoco- si rendono riconoscibili in un gioco visivo cui si accompagna l’improba percezione di ascoltarne anche il suono. Ed è ciò che contribuisce a rendere il mondo di Bettina ancor più affascinante e faticoso da comprendere, e nell’istante in cui ci s’illude di averlo afferrato sguscia via per non farsi ingabbiare da una prigione concettuale.

Il caos e il disordine che appaiono quando ci si lascia attrarre dalle storie e dai lavori di Bettina in realtà nascondono un ordine dentro il quale ogni cosa s’incastra con le altre alla perfezione. Le sue sono opere inossidabili nel tempo e dai mille usi. Sciarpe che diventano quadri da indossare o appendere per decorare muri opachi o la consistenza di seta, cashmere e lana merinos cui si uniscono lavorati con tecniche espressive esclusive e originali, sono soltanto una parte di un pezzo di quell’universo manifesto, allo stesso tempo intimo e profondo che Bettina porta brillantemente in superficie.

Di Graziano Petrucci

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