Il naufragar m'è dolce in questo... Mari di Guai
Incontro Maria Luigia Ungaro,
per gli amici Marilisa e in arte “Mari Di Guai”, al mare. Una giornata col sole e mentre a Napoli piove, noi gustiamo il caffè al Bagno Ricciulillo. «Sogno di svegliarmi un giorno e guardare in faccia la soddisfazione di aver raggiunto quel che volevo», dice. Indipendente, determinata, ama stare al centro dell’attenzione perché adora lo scambio che arriva dal pubblico, specie quando si esibisce.
La vibrazione per lei è aria, suono, rumore, energia. Scompone e ricompone le cose a piacimento (se non è troppo coinvolta) e decide con la propria testa. È convinta che «per comprendere la musica bisogna esserne parte». Fuma tabacco. Prima scriveva e cantava in inglese, oggi segue la strada del cantautorato italiano. Ride, tanto. State attenti, può essere un suo modo per capire chi ha di fronte.
Mari di Guai è una cantautrice che si affida alla fantasia, e il singolo «Tra l’orizzonte e lo sguardo» [ascoltalo fotografando il QR CODE in basso] spiega il suo rapporto con questa dimensione.
Insicura di base ma dagli occhi profondi Marilisa non si definisce artista («credo che sia un parolone») e sa ciò che vuole. Per niente distratta, single, altruista, personalità eclettica, tiene alle sue cose, si fida e le piace creare benessere intorno a se. Osservatrice attenta è alla ricerca del buono in ogni situazione. Spiritosa dal sorriso contagioso, paziente, da l’impressione di essere in una specie di attesa dinamica tentando allo stesso tempo di plasmarsi alla quotidianità. Camaleontica si adatta ad ambienti, persone e situazioni ma solo dopo decide quale parte mostrare e occultare di sé. Ama le improvvisazioni come la parte istintiva e creativa tipica del suo segno zodiacale – è sagittario -, che vorrebbe lasciare un po’ libera e ritiene che tutti dovrebbero seguire la propria. Non si è mai fatta domande sull’astrologia ma tra i segni attira i pesci (lo stesso di suo padre). Un giorno i genitori decisero di mandarla a Roma esortandola a ricercare la sua dimensione perché capirono che quella isolana non la rispecchiava più. Fu la svolta al suo processo di crescita (lo definisce «inevitabile») grazie al quale è riuscita a ribaltare la visione sul mondo. Donna apparentemente complessa, concreta e pragmatica, ama la compagnia – come stare da sola - ma spesso non si sente capita. Dopo il tentativo di conquistare il palco di Sanremo, «Una finestra che non c’era» sarà il titolo del suo primo album. Esce a settembre.
Scandisci il tuo nome e cognome.
Maria Luigia Ungaro (sorride).
«Chi va per questi Mari…» che significa?
Significa che... si trova in bei guai (ride, ancora).
Come sei arrivata a Roma?
Con il traghetto fino a Napoli e poi da lì ho preso il treno (scoppia in una risata fragorosa e il sorriso alza gli argini alla sua allegria). Scherzo. Mia sorella viveva già nella capitale e i miei genitori mi hanno spinto a raggiungerla.
Ti senti più isola o arcipelago?
Più isola. Difficilmente riesco a trovare personalità che hanno a che fare con la mia o con le quali trovo dei punti in comune.
Sei nata e cresciuta a Ischia. Ha condizionato la tua visione del mondo?
Si. Sotto certi aspetti in positivo, mentre per altri in negativo. Vivere a Ischia vuol dire avere davanti agli occhi la bellezza già solo guardandosi intorno, o magari la semplicità di stare con se stessi - fortuna della quale non mi rendevo conto – pur considerando che sull’isola siamo un po’ tutti omologati. Stare in città, al contrario, ti da modo di incontrare molta gente e di imparare ad apprezzare ciò che prima non vedevi.
Cosa sogni?
Di svegliarmi un giorno, aprire gli occhi, ed esclamare “finalmente, ho quel che volevo”. Insomma, la soddisfazione.
Sei ancora lontana da quel che sei?
Non sono mai stata lontana da quel che sono. Qualche volta mi sono trovata lontana ma sapevo in modo consapevole chi era Marilisa e il perché di una certa situazione. Magari possono capitare dei periodi in cui ti allontani da te stesso ma già saperlo vuol dire non esserlo, no?
Che idea ha la gente di Marilisa?
Bisogna chiederlo alla gente (ride di nuovo e io faccio fatica a non seguirla). Non lo so. Forse l’idea che tendo a mostrarmi per quello che sono.
La tua musica preferita?
Dipende. É collegata alla fase della vita che sto attraversando in quel momento. Mi piace in genere il cantautorato perché le parole per me sono molto importanti.
Che relazione hai con la musica?
La musica viene da se ma le parole, invece, portano un’immagine ogni volta diversa. Sono il motore di una nave su un mare fatto di musica.
Quanto pesano le aspettative degli altri rispetto alle tue?
Pesano ancora molto, purtroppo. A volte mi è capitato di non riuscire a vivermi cose belle perché troppo soffocata dall’aspettativa degli altri. Sto guarendo grazie a un po’ di sano egoismo e perfetto menefreghismo.
Come nasce una tua canzone?
Di solito da un’immagine. Vedo qualcosa che attira la mia attenzione, normalmente si tratta di cose fuori posto, magari una nuvola nel cielo blu. Ecco, mi colpisce la nuvola non il cielo.
Ti senti più autrice o compositrice?
Più autrice. Sono razzista con le parole e mi rendo conto di avere un vero problema con loro. Mi colpisce più una frase, la sua musicalità, che non una musica suonata.
Quando ti ascolti dopo una registrazione qual è la prima reazione?
Premetto che sono una perfezionista ma sono parecchio autocritica. Di solito esco da me stessa per carpire l’emozione pure se è una cosa che ho scritto io.
Chi è Marilisa e chi Mari di Guai?
La stessa persona.
Cosa ti affascina di Marilisa e cosa manca a Mari di Guai?
Mi affascina il fatto che non imparo mai a conoscermi, ma ogni volta che mi metto al piano, per differenza, conosco una parte di me stessa. Mi piace uscire dagli schemi e adattarmi ai nuovi equilibri. Forse, ecco, mi manca un pizzico di caparbietà in più. A volte sono proprio come una barchetta di carta nel mare e mi lascio cullare (ride).
Gli uomini con te si sentono in competizione?
Secondo me, no. Neppure dal punto di vista professionale.
Va bene. Abbiamo finito.
Veramente, di già? (ride stupita).
Mari... o montagne: qual è il viaggio che rimandi da tempo?
Un viaggio on the road. E lo farò presto.
Un incontro che si è rivelato importante per la tua evoluzione?
Tutto il mio progetto nasce dall’incontro con il cantautore Gabriel Zagni (il video maker di Lucio Dalla, ndr) che mi ha spalancato la finestra sul mondo del cantautorato. Gabriel ha inciso un album a “L’asino che vola”, il locale dove mi esibisco a Roma (i proprietari sono i produttori di Marilisa, ndr) e non appena l’ho ascoltato ho deciso di fare un mio progetto in italiano. Inserirò una cover di Gabriel. C’è un passaggio, da cui ho tratto il titolo del disco, ossia “la vita che cos’è, è una finestra che non c’era”.
Ti ispiri a qualcuno per la tua musica?
No. Cerco sempre di essere me stessa anche se ci sono delle influenze.
Pensi di essere cresciuta oppure diventare grande è più difficile di quanto pensassi?
Sono cresciuta. In realtà è più difficile mantenere la fanciullezza, il contatto con il bambino che ognuno porta dentro di sé, che crescere.
Cosa vuoi trasmettere a chi ti ascolta?
Provo a trasmettere ciò che sento.
Almeno ci provo. Quando fai musica lasci anche un po’ di libertà a chi ascolta di interpretare le emozioni. Come se fosse un foglio da colorare usando i colori a piacimento. Ecco, io ti do i colori e il disegno, chi ascolta può scegliere come usarli.
Progetti e speranze per il futuro?
Sicuramente far conoscere la mia musica e viaggiare. Se potessi fare le due cose assieme non sarebbe una cattiva idea (sorride sorniona).
Che significa trovarsi tra l’orizzonte e lo sguardo?
In realtà non mi trovo tra l’orizzonte e lo sguardo. Si tratta più di quel che vedo, è tutto il raggio di visione. Alla fine è quello il significato.
Sei scaramantica, magari segui un rito prima di cantare?
Ho scoperto di esserlo e pure tanto. È successo nel periodo di Sanremo, ogni volta che andavo a fare i provini. Tipo mi è capitato di dimenticare le ciabatte una volta, quella dopo non le portavo apposta. Una volta le ho anche messe in valigia per poi toglierle quasi subito senza pensarci due volte.
Cosa pensi delle persone esigenti e bigotte?
Poverini, mi dispiace per loro (ride di gusto). Magari potrebbe andare bene essere esigenti e chiedere qualcosa, ma da se stessi più che dagli altri.
Tu lo sei?
Bigotta, no. Sono per il vivi e lascia vivere. Esigente, si lo sono.
Che rapporto hai con il tuo mare interiore?
Ho imparato a controllarlo, gestirlo, a non essere agitata. Ho dovuto mettere degli argini perché a volte mi lascio travolgere da questi moti ondosi di emotività. Dentro ci metto anche la parte istintiva che conosco quotidianamente: le lascio la dovuta libertà e non mi censuro e se tendo a dire quello che penso cerco di farlo senza invadere lo spazio degli altri. Ho imparato l’arte della diplomazia (la sua risata riempie lo spazio).
Che significa e secondo te esiste l’anima gemella?
(Prima di rispondere accende la sigaretta dopo averla arrotolata fino a qualche minuto prima tra le dita). Secondo me esiste e ce n’è più di una. Sono due suoni diversi che assieme creano qualcosa di singolare, in cui l’una amplifica la bellezza dell’altra e viceversa. E nessuno vuole mutare la natura dell’altra. È musica. È armonia. È libertà.
L’arma di seduzione che usi più spesso?
(Mi guarda e ride...). Mi piace mostrarmi per quello che sono. Spontaneità.
Cosa deve fare una persona per fare la differenza e attirare la tua attenzione?
Normalità e originalità. Le persone che fanno la differenza secondo me sono quelle più normali, quelle che non ostentano a tutti i costi. Mi può colpire anche un semplice gesto come per esempio versare l’acqua che di per se è unico. In genere attira la mia attenzione pure chi sa parlare bene (me lo dice mentre cerco di versarle dell’acqua nel bicchiere).
Questo è il tuo primo album, come procede?
L’uscita è prevista per settembre. Il progetto è di due anni fa. Nel frattempo ho cambiato il modo di fare musica e scriverla, e oggi procedo verso quella che ritengo essere la mia identità.
Come ti è sembrata questa intervista?
Tranquilla. Rilassata.
Lo sai che devi darmi cento euro? Firma qua…
(Ride). Si, lo so che devo darti cento euro (continua a ridere). Dove devo firmare?
Forse pensa che io stia scherzando. Deve aver dimenticato che ho registrato tutto…
Di Graziano Pterucci