Il Sentiero dell'Allume
La sottosezione isolana del CAI ha festeggiato l’arrivo della bella stagione, con un’escursione che ha portato il gruppo (costituito da tutti isolani, circa una ventina) a rivivere un pezzo di storia della nostra bella isola verde. In quest’itinerario abbiamo percorso l’antica via Crateca, denominata dai contadini del luogo via “dei Carri” che, una volta dalla località Fango, nel comune di Lacco Ameno, antico borgo agricolo e sito importante per lo sviluppo del termalismo isolano ...
(essendo una zona di raccolta naturale ed antropica di fanghi, usati poi nell’industria termale) metteva in comunicazione i luoghi di estrazione dell’allume (Bianchetto, Monte Cito) con le zone di lavorazione (Piazza della Pera o “Caulare”). Dal punto di partenza, attraverso un sentiero (oggi per la maggior parte strada carrabile!) bordato di rose canine, valeriane, ginestre, mirti, eriche e lentischi, si arriva fino al campo fumarolico di Monte Cito ( 220 m). Da qui lo sguardo può correre libero da Casamicciola fino al promontorio di Zaro (riportandoci al passato greco dell’isola, quando esse era chiamata Pithecusae), passando per Lacco Ameno ed arrivando fino alla terraferma, raccogliendo in un unico abbraccio la bellezza del golfo partenopeo. A Monte Cito vale la pena soffermarsi un attimo, non solo per godere dello splendido panorama, ma anche per osservare con attenzione il suolo: esso assume, infatti, colorazioni particolari che vanno dal bianco, al porpora, al giallo intenso e, toccandolo, si percepisce chiaramente che emana un forte calore e si sente odore di zolfo. I gas ivi presenti, sono costituiti per la maggior parte da vapore acqueo, ma non mancano tracce di altri elementi, tra i quali i solfati che danno origine all’alunite, da cui poi si ricava l’allume. Nel campo fumarolico, è inoltre presente una flora caratteristica ed in particolare il cyperus polystachyus (papiro delle fumarole). Specie della famiglia delle cyperaceae, affine alle graminacee; è una pianta non comune che vive in zone tropicali e subtropicali e in Europa solo nell'Isola d'Ischia, ove si è adattata perché ha trovato un terreno riscaldato dal vapore acqueo delle fumarole, ed un microclima, quindi, caldo umido adatto alle sue esigenze di crescita. E' questo il motivo per cui riesce a sopravvivere anche d'inverno nelle stazioni fumaroliche ischitane dove vive. Continiuiamo il percorso tra il blu del mare che ci accompagna sulla sinistra e le pennellate verdi-dorate dei fitti boschi sulla destra (regalateci in questo periodo dalle fioriture dei castagni) che si ergono ripidamente sulle pareti scoscese del monte. Il complesso assetto del territorio isolano qui ha comportato la realizzazione di una capillare rete di collegamenti (sentieri, mulattiere, ripide gradinate), spesso scavati negli strati rocciosi, mentre i terreni coltivati, scanditi dai terrazzamenti, venivano sostenuti da una tipica muratura a secco di contenimento: le “parracine”. Sono certamente un gioiello d'abilità tecnica, conoscenza del territorio ed utilizzo dei materiali a disposizione. Costruite con il tufo verde, senza l'utilizzo di calce in modo da permettere lo scorrimento delle acque pluviali, impediscono così l'allagamento dei terreni. Proseguiamo sul sentiero, quindi, percorrendo una di queste mulattiere “la via dei carri”, che in epoca storica era usata per trasportare l’alunite dalla zona di estrazione a quella di lavorazione e poi al porto di Casamicciola. Il sentiero è ovviamente delimitato dalle tipiche murature a secco (“le parracine” appunto), ottenute con le rocce di tufo verde del Pizzone. E’ da sottolineare la presenza di una di esse in particolare che, vecchia centinaia di anni, grazie ad una continua e costante manutenzione, conserva il suo antico fascino e la sua antica funzione. Un’altra sosta la facciamo in una in un’antica cantina scavata in un blocco di tufo, che ci ricorda le antiche tradizioni isolane e l’uso sapiente che le persone facevano delle risorse della propria terra. Il sentiero si snoda quindi attraverso un bosco di castagni proseguendo verso valle e raccordandosi col sentiero di collegamento che porta alla zona di lavorazione. Questa deviazione dall’antico sentiero è dovuta al fatto che la zona è stata interessata da numerose frane, che hanno determinato l’interruzione della strada con i luoghi di estrazione e la scomparsa di una sorgente ivi presente. L’area tuttavia conserva ancora la morfologia e le testimonianze archeologico-industriali del passato. L’ultimo tratto della strada è su sterrato e porta alla zona cosiddetta delle “Caulare” (le caldaie) ed è lastricata con la tipica roccia locale (il tufo verde). Si arriva a questo punto in una zona sub pianeggiante, ricoperta di castagni, dove era sita l’industria di lavorazione dell’allume. Lungo il percorso sono riscontrabili elementi litici che apparentemente sembrano estranei al contesto geologico della zona; rappresentano infatti gli scarti di lavorazione dell’allume. In questa zona sono ancora riscontrabili le vasche di lavorazione dell’alunite (le caulare appunto). Quella meglio conservata ha un diamentro di circa 5 metri ed un’altezza di 1 metro. L’itinerario, proseguendo tra i castagneti, si collega ad una stradina carrabile che raggiunge il Piazzale di via S. Barbara, da dove si gode di una bellissima vista dall’alto di Casamicciola, Lacco Ameno e della terraferma. Concludiamo l’itinerario con l’arrivo a Maio, antico centro di Casamicciola, da dove è possibile raggiungere le antiche zone termali di Bagni e la Rita.