Sguardi rigenerati: Gilles, Bargheer, Levy
Non è semplice intuire a pieno l’atmosfera che si respirava a Sant’Angelo negli anni ’50. Volendolo fare, però, si può partire dal presente, quel tempo che con delicata estensione si crede il centro dell’universo, spingendo alla conoscenza di ciò che era, perché ciò che fu è nel presente se tiene in vita chi spera nel futuro. È compito dell’arte tenere la visione del futuro di chi crea, mentre chi ne osserva il prodotto, riceve pur sempre un vissuto, una parte, un participio, una partecipazione del passato. Sant’Angelo è un luogo che s’incontra, che si fa abitare. Io stesso provo una grande emozione quando entro in questo borgo: dalla roccia che costeggia ondulando la via che discende verso il centro, la piazza. Un disegno incredibile di linee tratteggiate dagli agenti atmosferici. Se la si osserva a lungo si può immaginare l’acqua che ne scorre attraverso, il vento che trova rifugio dal sale.
BELLEZZA E VISIONI
Allora basta abolire la visione del tempo attuale per calarsi in un vero e proprio dipinto, fatto di giorno, di sole, di sabbia, di luci all’orizzonte che scalpitano, pulsando. Qui i pittori “degenerati” hanno dedicano il proprio tempo alla naturale bellezza che ispira visioni. Werner Gilles arrivò a Sant’Angelo negli 1936, autoesiliato, perché facente parte di quell’espressionismo forte teutonico che venne definito “degenerato” dal Nazional-Socialismo. Gilles trovò a Sant’Angelo dal 1937 al 1941 un piccolo rifugio invernale, dove continuare a tenere alta la sua espressione visiva. Dal 1951 frequentò il borgo assiduamente per dedicarsi alla pittura. La tecnica è quella delicata dell’acquerello che, come si vede nelle sue opere, si caratterizza di colori decisi, surreali e da forme metafisiche che ricercano un significato. Gilles è un animo deciso che si ridefinisce, definendo un paesaggio diverso. Anche il pittore e incisore Eduard Bargheer si stabilì a Sant’Angelo. La sua arte, influenzata da Vincent van Ghog e Edvard Munch, cambia radicalmente proprio a Ischia per incontrare il colore e la vivacità a lui prima non congeniali. La sua visione, anche in questo caso, diviene più astratta, forse perché Ischia ispira alla ricerca filosofica, nascosta, più intima. Altro espressionista di origini ebraiche che frequentò Sant’Angelo fu Rudolf Levy, anch’egli espressionista “degenerato” che, nel 1939, si inserì nella piccola comunità di artisti tedeschi formata da Karli Sohn-Rethel, Kurt Craemer, Max Peiffer Watenphul e, appunto, Gilles e Bargheer. Qui Levy visse di espedienti, vendendo qualche opera: bellissimo il ritratto della “ragazza di Ischia”, deciso nei tratti, acceso di colore e rude nell’espressione del soggetto. Molti di questi artisti purtroppo videro le proprie opere distrutte dal regime Nazional- Socialista: Ischia, in particolare Sant’Angelo e Forio, diedero ristoro e rifugio a costoro. Qui si ritrovarono, abitando ed esprimendo la forza di un’isola allora sconosciuta ai più.
IL SUD E L’OVEST
Tutto questo non ci stupisce! Sant’Angelo e Forio delineano il sud e l’ovest della nostra isola. Il sole qui impera, arde sulle cicatrici causate dalla storia, dall’azione umana e ispira al movimento. Una volta arrivati in piazza. Il borgo diviene svelato, di sera, verso le diciannove, la brezza marina ne mitiga il calore, il mare si ferma sotto le stelle. Se si ferma la natura, si ferma anche l’uomo e gli artisti questo lo sanno. L’isola negli Anni ‘50, prima dell’avvento del turismo cosiddetto di massa, doveva essere un luogo di grande charme, di tranquillità e, di certo di grande richiamo per artisti e intellettuali di ogni sorta e genere. Sant’Angelo ne custodisce ancora le espressioni e sembra un’oasi nell’immenso e sterminato blu del Mar Mediterraneo. La storia insegna il presente e le immagini di questi grandi pittori raccontano di un’isola che, con la sua sola natura, li ha rimessi al mondo. Mi piace immaginarli davanti ad un bicchiere di buon vino a discutere delle nostre tradizioni, di come gli ischitani siano diversi da loro, a volte bizzarri; di come questi luoghi del sud siano per loro di vitale importanza. Allora fermate anche voi – per un istante – nei vostri piccoli specchi di universo, la bellezza di luoghi simili. Immaginate per un momento di essere Gilles o Bargheer e trattenete la bellezza nelle vostre parole. Rigeneratevi allo sguardo di un mondo tondo che di certo non si esaurirà mai in uno spazio infinito detto quadro. Del resto chi ha detto che l’arte rigenera i popoli?
Di Raffaele Mirelli