8 settembre 1943
Era la notte tra l’otto e il nove settembre. Forio si addormentava sotto l’incanto di un armistizio che aveva portato una strana concitazione e affiatamento popolare. La disperazione che di li a poco avrebbe svegliato il paese fu grande: traditi dall’illusione della pace, Forio perse 13 dei suoi cittadini.
A 70 anni dal bombardamento di Forio, vogliamo raccontare un pezzo della nostra storia che non deve sfuggire ne al visitatore ne al cittadino per conoscere e ravvivare l’identità storica locale.
Per poterlo fare mi sono state aperte le porte della biblioteca del Centro Storico D’Ambra, la fonte della conoscenza della nostra isola, e lo storico Nino D’Ambra, fondatore del Centro, mi ha accolto felice di poter condividere non solo la sua conoscenza ma la sua più intima e personale esperienza. Testimone di quella notte, mi ha mostrato una della bombe poi ritrovate tra le macerie di S.Vito e raccontato una storia fatta di emozioni.
Nino D’Ambra racconta in “QUEL NATALE DI GUERRA DEL 1943”
“C’eravamo appena seduti a tavola. Mamma ancora trafficava nella cucina con un via vai insolito, cercando di creare un’atmosfera di allegria che mal si conciliava con gli avvenimenti luttuosi degli ultimi mesi. A Forio era finita la guerra, è vero. Ma l’indigenza, la fame incombevano come prima. E poi l’ombra triste di quei tredici morti sotto le bombe nella notte tra l’otto e il nove settembre, subito dopo aver festeggiato in euforia l’annuncio dell’armistizio nel tardo pomeriggio. Ricordo l’avvenimento come se fosse ieri. Le strade di Forio si erano improvvisamente riempite di gente. Una strana concitazione aveva conquistato tutti. Tutti si abbracciavano e si baciavano. Ad un certo punto, come se guidati da una mano invisibile, quasi per incanto la gente si organizzò autonomamente in corteo, un corteo ordinato che prese la via del Santuario del Soccorso. Giunti al Santuario, come una masse di comparse agli ordini di un invisibile regista, tutti cademmo in ginocchio contemporaneamente. Canti preghiere di ringraziamento, lacrime di commozione. Una funzione religiosa così ordinata ed all’unisono non l’avevo mai vista. Alla fine, sbucati da non so dove, alcuni giovanetti fecero esplodere dei fuochi di artificio in segno di festa e di esultanza.
In quei momenti di euforia avevamo dimenticato persino la tragedia del luglio precedente, allorchè la nave passeggeri S.Lucia era stata affondata da aerei nemici nelle acque di Ventotene, dove persero la vita settantasei persone fra cui cinque ischitani. Una tragedia che aveva colpito anche la comunità isolana! E la morte del nostro concittadino, il foriano Pietro Coppa, avvenuta a Napoli il 4 agosto 1943, a seguito di bombardamento aereo, mentre espletava il suo consueto e puntuale lavoro di corriere per l’isola d’Ischia.
Era trascorsa la mezzanotte e quasi tutti in paese eravamo andati a dormire con grande gioia nel cuore e con lo stomaco quasi vuoto, che l’abitudine non aveva abituato alla sopportazione.
Improvvisamente degli scoppi molto più assordanti di quelli della festa ci avevano fatti svegliare di soprassalto. E mentre ci domandavamo di che cosa si trattasse, una detonazione più vicina fece tremare tutta la nostra casa. Impauriti e sopraffatti dal panico, scappammo nel giardino attiguo, mentre ulteriori deflagrazioni, precedute da un ben conosciuto sibilo assordante, ormai avevano fugato ogni dubbio sulla natura di quegli scoppi: erano bombe che cadevano su Forio. Nei giorni successivi dissero che ne erano state lanciate ben 90, ma che buona parte, fortunatamente, era caduta in mare.
Stemmo accucciati con gli altri parenti nella grotta del giardino tutto la notte. Intanto l’aria era diventata irrespirabile per la polvere che si era sollevata a seguito del crollo dei fabbricati quasi tutti vicinissimi alla nostra abitazione. L’arrivo dell’alba iniziò a diradare l’incubo che si era impadronito di tutti noi. Cominciammo a sentire un vociare concitato e rumori di soldati e volontari che erano subito intervenuti per estrarre morti e feriti da sotto le macerie. Tanti esempi di disinteressata abnegazione si potrebbero enumerare ma anche segnalare qualche sciacallo che, approfittando dell’occasione un qualche oggetto di valore nelle tasche.
Intanto il cortile della Chiesa di S.Vito era stato adibito a deposito provvisorio delle salme che man mano venivano estratte dalle macerie.
Scrivendo di questa nostra storia accolgo l’emozione di una tragica notte di cui ciascuno di noi porta ancora traccia. Con la mia immaginazione la rivivo negli occhi di mia nonna Teresa che, giovane sposa e con in grembo la sua primogenita, mia mamma, correva in quella notte nelle campagne di S.Vito alla ricerca di un posto sicuro per custodire il frutto del suo amore...